Note storiche toponomastiche
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ALCUNE NOTE STORICHE E TOPONOMASTICHEI DEL GRUPPO DEL
CIMONEGA, GRUPPO DELLE VETTE FELTRINE E M.PIZZOCCO
Sulla etimologia del toponimo 'Vette Feltrine'
L'ipotesi di Bianca Simonato
Ma cosa c'è da cercare, da indagare , da scavare nelle vecchie carte sul nome 'Vette' che è semplicissimo, ci fa guardare in alto ed era stato usato anche da Dante nella sua Divina Commedia?
Studiando le vecchie carte e di conseguenza le vecchie dizioni delle scritture con il riferimento che esse hanno, Bianca Simonato si è accorta di qualcosa che non quadrava: alle vette ed alle rocce un tempo non veniva data alcuna importanza poichè non servivano per il pascolo o per trarne qualsiasi utilità.
Il 'Monte' era inteso un tempo come zona di pascolo e monticazione e non come cima dove arrivare in vetta, come successe da metà 1800 con le prime salite ed esplorazioni dei noti nobili europei.
La dizione vetta o veta o aveta doveva quindi significare qualcosa di diverso.
Kriegskarte di Anton Von Zach (1798-1805) - Ritaglio (Tav.XI-10 Feltre) ufficiale cartografo Ludwig Geppert zona delle Vette. ( ... Ludwig andava meglio con il fucile che con il pennino...)
L'acqua sembra essere l'origine antica del toponimo. Acqua che era un bene raro e prezioso a quelle altezze per il pascolo e la sopravvivenza. Con una ricerca approfondita sulla topografia antica, atti ecclesiastici, studi di eminenti ricercatori di toponomastica, la Simonato avanza molto dettagliata nella sua ipotesi rendendola via via sempre più convincente perchè documentata. Molto modestamente (fossero tutti così...) lascia la conferma di quanto ricercato e dimostrato ad alti professionisti del settore.
Ritaglio da: BIANCA SIMONATO - Vette Feltrine: ipotesi toponomastiche - Le Dolomiti Belunesi - Natale 2005 pag.23
Per ricordare Bianca, mancata nel gennaio 2019, è stato segnato un anello di cammino con partenza da Cullogne (Cesio - Val Canzòi)
E' piuttosto interessante constatare dagli antichi documenti
contenuti in missive antiche oppure su cartografia antica, quali
fossero un tempo le zone di montagna maggiormente
frequentate sia per il pascolo che per il taglio del legname, e
dove fossero ubicate le piu' frequentate vie di comunicazione
dato che raramente, un tempo, si usava transitare tra le
montagne sul fondovalle, come invece avviene oggigiorno.
Altra cosa interessante e' seguire e cercare di individuare la
evoluzione dei toponimi e degli oronimi nel tempo.
Molti nomi sono stati cambiati radicalmente con gli anni,
altri sono rimasti pressoche' invariati, al massimo risultano
volgarizzati rispetto al latino od italianizzati nella dizione.
Le frequenti invasioni barbariche, poi il dominio dei francesi
ed il dominio austroungarico sono stati determinanti nella
adozione e nella metamorfosi di toponimi ed oronimi.
Guardie e taglio dei sentieri: Carta militare del F.Grandis 'Dissegno del territorio di Feltre' -1713
Anche il cessare di attivita' non piu' fondamentali ha fatto
si' che alcuni oronimi venissero sostituiti con altri molto
piu' sentiti, come ad esempio il nome dei santi, dai quali
hanno avuto un nuovo nome valli e colli, anche a seguito della
costruzione di capitelli e chiese eretti per ringraziamento
dopo le riccorrenti epidemie.
La ricerca e lo studio di toponimi ed oronimi antecedenti al
secolo sedicesimo obbliga alla lettura storica delle prime
ed uniche opere del tempo, manoscritte nel diciasettesimo
secolo, di cui le piu' importanti sono quelle del G.PILONI,
del G.BERTONDELLI, del F.ALPAGO, del G.B.BARPO, di A.CAMBRUZZI.
In queste opere, purtroppo raramente, si ottengono preziose
informazioni delle quali non si puo' non tener conto.
Anche da antichissime lettere spedite da Capitani o Podesta'
alla Repubblica di Venezia sono scaturite valide informazioni.
Il Prof. G.B. Pellegrini ci ha lasciato uno studio sulla
romanizzazione della provincia di Belluno nel quale vengono
studiate le origini dei toponimi, stabilendo (ed io lo scrivo
in modo semplicistico) un rapporto tra il suffisso dei
toponimi e la loro origine.
In particolare, il suffisso AN dimostrerebbe l'origine romana
(da ANUM). Il suffisso ACO ACH dimostrerebbe l'origine
Gallica (da ACUM). Il suffisso EN sarebbe classico nei nomi di
origine preromana, forse Etrusca.
La cartografia antica inizia a divenire significativa per le
nostre montagne verso la meta' del 1500, proprio per mano di
Giacomo Gastaldi, il piu' grande cartografo italiano del XVI
secolo. Le rappresentazioni del Gastaldi sono state giudicate
pregievoli in rapporto al livello raggiunto dalla cartografia di quell'epoca.
I TOPONIMI PIU' ANTICHI ATTORNO ALLE MONTAGNE FELTRINE
Reperti archeologici risalenti all'epoca preromana e romana
sono stati rinvenuti in molte localita' pedemontane, ai piedi
delle montagne feltrine. La derivazione dei nomi delle
localita' ha origine in parte romana, gallica ed etrusca
settentrionale.
Il tipo piu' frequente di toponimo e' rappresentato da un
personale dal quale, mediante suffisso aggettivale romano
(ANUM) oppure gallico (ACUM) veniva dedotta la denominazione
del luogo che indicava la proprieta' stessa. (Nel latino, praedium).
Le proprieta' romane erano quasi sempre situate in localita'
particolarmente fruttifere, esposte al sole, con estensione
dei campi abbastanza grande. Da esse sorsero in seguito paesi e villaggi.
Ad esempio sono di origine romana le localita' di :
CESIO (Bulpian)
CORDENZAN (Cordentius)
MEZZANO (Mezzanum) ecc.
Sono di origine gallica le localita':
FUMACH (Fumus)
FONZASO (Fundius)
MUIACH (Mullius)
IMER (Imerium) ecc.
Di origine preromana, forse etrusca:
LAMEN
PREN
LASEN ecc:
Dagli antichi disegni dei primi cartografi possiamo leggere:
Feltre, Zorzan, Fasin, Ciolt, Pedevena, Sta Iustina, Gron,
Dergna', Fonzas, Rocca de Schena, Primier.
Questi sono gli insediamenti citati nella cartografia tra
l'anno 1576 ed il 1600 che attorniano le montagne di Feltre.
Va detto che alcune di queste localita' lasciano dei dubbi: ad
esempio Fasin potrebbe essere l'attuale Facen, Dergna'
potrebbe essere Dorgnan. La Rocca de Schena invece si riferisce
sicuramente al ex castello dello Schener, ora completamente
diruto. Esistevano due 'Castelli' all'imbocco sud della Val del Mis,
l'uno dove ora sorge la chiesetta di S.Michele, sulla dx orografica,
l'altro sul piccolo caratteristico colle ove è sita la Chiesa di S.Giuliana.
Un antico toponimo, Ciolt, riportato anche come Ciold o Siold,
era rappresentato piu' internamente di Zorzoi, ma non si
capisce a quale attuale toponimo fosse riferito.
Volendo azzardare una ipotesi, si potrebbe pensare che questa
localita' potesse corrispondere con le Case del Baratto,antico
luogo di scambio delle merci sito nella bassa val Cesilla, esse
corrispondono come localizzazione del toponimo con le attuali
Case dei Comodi.
Questa prima cartografia, va considerata piu' come una
curiosita' storica, come scrive il De Nard, piuttosto che un
serio oggetto di studio, data la presenza di molti errori.
Essi sono grossolani, come ad esempio la localizzazione di
Burban (Bribano) molto piu' a nord della confluenza del
Cordevole con il Piave, a ridosso dei monti.
Cio' puo' scoraggiare l'analisi del contenuto, ma egualmente
e' importante che certi toponimi vengano semplicemente citati.
tra le montagne, raffigurati talvolta come paeselli nella
cartografia d'epoca, oppure citati in antiche missive come
localita' importanti, leggiamo: Arera, Campotorondo, Forca,
Cimonega, Neva, Casole, Faibon, Zocare' Alto, Pietina,
Guarda, Schener (talvolta chiamato Rocca de Schena o Schenero),
Case del Baratto.
Dove la Val Scarnia(*) si getta nella Val di Canzoi, a quota
mt.625, un centinaio di metri a valle della Centrale idroelet-
trica, sulla dx orografica, sono site le case Guarda.
Anche l'antichissimo sentiero che portava a forc.Scarnia ed al
passo Finestra si congiunge alla valle in quel luogo.
Nel 1713 il "Proueditore sopra la Sanita'" di Venezia, per ben
fronteggiare una temutissima epidemia scoppiata in oltralpe,
decideva di isolare il territorio veneto, tagliando i ponti,
barricando le forcelle e tagliando anche i sentieri di montagna
"sul sito piu' precipitoso".
Veniva comandato di porre guardie in tutti i punti strategici
di comunicazione, e si legge: "Non ostante che stiano baricate
le strade di Val Canzoi ad ogni modo......si porra' guardia al
sito detto pian della Guardia...." Esso e' rappresentato sulla
antica cartografia proprio dove sono site le case Guarda, per
cui risulta documentata storicamente l'origine del toponimo,
anche la valle che scendeva da Scarnia veniva chiamata con un
suggestivo oronimo: "Leguato di neve".
(*) L'oronimo non e' citato nella odierna topografia, comunque
si tratta dello stesso usato dal S.Casara in "Le Dolomiti di Feltre".
Le "Case del Baratto": il nome dice tutto. Questo insediamento
era sito a nord ovest delle Vette Feltrine, sul percorso che
sale la odierna val Cesilla, sulla sx orografica della valle,
rappresentato sulla sua parte bassa. Oggi si e' perso del tutto
questo bel toponimo, rimane pero' attualmente un "Piano dei
Comodi" con un insediamento di case: tutto fa pensare che le
vecchie case del baratto potessero essere site in questo luogo,
se consideriamo la parola "comodi" intesa come comodati.
Del resto si sa che un tempo scendevano dal primiero pelli e
materiale in ferro lavorato, mentre vi entravano il sale, che
era considerato un bene importantissimo per i veneti e tutti
quei generi di soppravivenza che la natura offre spontaneamente
dalle localita' di pianura. La compravendita dei beni avveniva
probabilmente in questa localita', mentre piu' a valle c'era il
valico dello Schener, con l'omonima fortezza che era sede del
capitano delle guardie, dei soldati e del daziere.
A proposito del Castello dello Schener, si legge (1526):
"....fu de mandato de Vostra Sublimita' fabricato ivi una for-
tezza, la qual in queste guerre e' stata ruinata da inimici;
ma potriasi fare piu' forte che prima; e questo e' il passo
per qual li ditti de Primier conducono suso some de muli et
cavalli, solamente vino et altre vituarie del territorio
feltrino et trevisano per uso del viver loro, dove se tien un
deputato alla custodia del ditto passo, acio' non siano
comessi contrabanni, portando le robe netate, le quali tamen
non ponno passar de li, se la bolleta delli datiari non e'
sigillata da Vostri Rettori...." (da missiva riportata
dall'Alvisi in "Belluno e Sua Provincia"-1859)
Dal 1700 possiamo leggere nella cartografia antica i seguenti
toponimi degli insediamenti circostanti alle montagne:
Feltre, Norcen, Lamen, Lasen, Arson, Toschian, Roncoi,
Carazzai, Maras, Susin, Suspiroi, Mis, Camolin, Sagron Basso,
Sagron Alto, Salzan, Servo, S.Rocco, Zorzoi, Imer, Mezzan, Primier.
Sicuramente in queste nuove rappresentazioni ed in particolare
nella cartografia di F.Grandis del 1713 Il disegno era fatto
da chi conosceva bene i luoghi, infatti non si trova nessuno
di quei caratteristici errori dovuti ad errata copiatura od
a conoscenza indiretta del luogo.
Un buon contributo alla conoscenza ed alla pubblicizzazione
della cartografia antica e' stato dato da Sergio Claut in due
sue monografie pubblicate su "Le Dolomiti Bellunesi".
Nelle vecchie carte pubblicate venivano mappate rispettivamente
zone di Erera-Brandol (1790) e Pietena, sulle Vette Feltrine
(1641-1791) principalmente a cura di un agrimensore feltrino:
G.Argenta. Dalla carta che rappresenta in particolare la zona
di Campotorondo saltano all'occhio quattro denominazioni molto
importanti: la valle ad est del M.Agnellezze conosciuta oggi
dai valligiani come Valaza, era denominata "Val delle Fontane".
Secondariamente si legge sulla zona oggi conosciuta come Piani
Eterni una "casara di Pian Nattern": forse l'origine antica
del nome Piani Eterni, piu' reale dell'artistica, sublime
origine dell'oronimo data dal S.Casara nelle sue descrizioni.
(nattern in tedesco sigifica serpente)
1713: ritaglio di disegni del Giampiccoli e Grandis della zona di Erera - Brandol
La terza cosa interessante e' la denominazione "scortegade" in
una localita' oggi chiamata Forc. dell'Omo, sopra Erera.
Anche antecedentemente, nel 1713, il Grandis nella sua carta
e poi anche il Gianpiccoli nel 1780 citava "Scortegade sive
forcella di Branzol". Si nota che anche ad est del M.Agnelezze
l'odierna cartografia riporta " Scortegade" che forse sta' ad
indicare un breve percorso a tratti molto stretto.
La quarta curiosita' e' la "val del Frare" che avrebbe dovuto
calare ad est tra le due cime del Col D'Oregne (oggi Col Dorin)
Per intenderci: giu' verso lo Spigol Sec e la Val Brenton.
'I l Frare' è la Gusela della Val dei Burt o Gusela Marini nella
carta del Von Zach del 1798-1805. Chi conosce i luoghi, sa bene
che giu' di li non si va senza una buona conoscenza alpinistica.
Nelle carte d'epoca raffiguranti la zona di Pietena saltano
agli occhi gli antichi nomi delle montagne gia' conosciute,
e si legge: "Monte de Rameza", "Monte de Colcuco" (il col
della Fontana?) gia' nel disegno del Geremia Guarnieri del 1641
Un disegno dell'Argenta, datato 1791 riporta le "Rocce Brune",
il "Col Ariol", "Masare'" (Piazza del Diavolo), "Costa
Causella" (forse corrispondente con il Passo Pietena).
ANTICHI ORONIMI DI TORRENTI E VALLI DEI MONTI FELTRINI
Non tutti i piu' grandi torrenti venivano citati anticamente
sulla cartografia disegnata e dipinta, solo i piu' importanti
i cui nomi erano grossomodo simili all'attuale, ad esempio il
Caorame era chiamato Capram, poi Cavoran.
La Val del Brenton ed il Cole del Brenton sono oronimi antichi,
già riportati nella cartografia del 1713 a sud della Morsecca.
'brenton' significa pignatta, catino, come quelli formati dalla
acqua con le cascatelle in quella valle.
Ritaglio cartografia IGM levata 1926: La carta riporta il Lago di Brandol a m.1901
Il Brenton, Cismon, Veses, Colmeda, Semelenga, Mis sono
oronimi che non sono mai cambiati nel tempo, al contrario di
quelli riguardanti le valli ma soprattutto quelli riguardanti i monti.
Per le vallate ed il loro relativo oronimo, in molti casi
possiamo notare che i nomi sono cambiati radicalmente rispetto
anche ad un cinquantennio prima ed in taluni casi ne sono nati
di nuovi; forse per capriccio dei cartografi, forse per dare
ossequio al parlato di una vallata oppure per errore.
Vi sono alcune curiosita' sulle quali e' quasi d'obbligo
soffermarsi. Ad esempio, l'attuale Val di S.Martino, che
permette l'accesso a Pietena ed a Ramezza, veniva chiamata Val
de Garza, almeno fino ai primi anni del 1800. Essa era
considerata uno dei punti militarmente importanti per la
difesa dei territori da nord, gia' negli scritti del 1526
(Bernardo Balbi, Podesta' di Feltre)
Sulla destra orografica della valle esisteva gia' allora
il toponimo S.Martin, rappresentato come un paese. Dai primi
anni del 1800 la valle veniva chiamata come oggi.
Anche la val di Lamen, che riportava questo nome gia' prima
del 1713, e' stata rappresentata a suo tempo, nell' anno
1833, con un oronimo suggestivo: Val dell'Aden. Sicuramente
e' stato un errore cartografico, nella levata successiva,
infatti, qualche anno dopo, essa appare addirittura senza nome.
In seguito, nessun cartografo ha piu' restituito il nome
originario alla val di Lamen, ne' sulle levate IGM ne' sulle
carte turistiche del Tabacco, ove non appare alcun nome.
Solamente la guida "Le Alpi Feltrine" del 1977 usa questa cortesia...
Anche la Val Masiera, antico nome dato al vallone ghiaioso che
cala dalla Busa di Cavaren (Vette Feltrine) verso Aune, sembra
essersi dissolto nel tempo. Ora tutti chiamano questa valle il
Valon de Aune, ove scorre un bel sentiero (lo Scalon di San
Antonio) in parte attrezzato fino a malga Monsampian, ed
"Il cavaliere", ardita guglia rocciosa, troneggia in mezzo ad esso.
Rosna e' un nome di probabile origine etrusco settentrionale.
La Val Rosna, in fondo alla quale e' stato rinvenuto il
sepolcro paleolitico di un cacciatore, veniva denominata
Val Varosna. Tra la val Cesilla (Nel 1700 val Pontetto) e la
Rosna vi era segnata una "Val della scala storta", essa
forse potrebbe corrispondere alla odierna Val dei Cani.
La val Giasinozza era denominata val Asinozza, anche il
Brentari, nella sua guida del tardo 1800 la cita sempre con questo nome.
Anche una valle laterale alla val Falcina che sfocia nel lago
del Mis, cioe' l' attuale Val dei Burt, veniva denominata un
tempo (cartografia del 1898) Val di Cantoni, mentre prima di
questa data non veniva affatto nominata.
L'attuale val Slavinaz, che scende dalla attuale Forcella
dell'Omo (sopra Malga Erera) e confluisce nella Val Caorame,
era detta nella cartografia del 1833 "Val dell'Aste", ma poi
il Guernieri, nel 1866 la denominava Val delle Laste, essa era
definita Val d'Ast nella edizione 1:100000 del 1898.
Kriegskarte di Anton Von Zach 1798-1805 - rilievo della zona del M.Pizzocco
La serpentina gialla sta ad indicare un percorso difficile e senza
sentiero. Essa risale serpeggiando l'alta Val Falcina sino alla cresta di Cimia
per un passggio che non è lo 'Scalòn' ma sembra coincidere con una
spaccatura sottostante il 'Covol del Conte' e Capanna di Cimia a m.1540.
La Val delle Moneghe, confluente superiore della Val del Mis e
percorsa dal torrente Pezzea, era chiamata Val Pezze' gia' nei
primi anni del 1700. Leggiamo poi nella cartografia del 1833
"Val delle Monache" ed anche il sito dove vi erano le Case
delle Monache, due costruzioni contenute nella confluenza
dell'impluvio che scende dalla forcella dell'Omo, con
quello che scende dal Sasso delle Undici, grossomodo ad una
quota di 900-1000 mt.
Anche le carte del 1866 confermano la presenza delle case
delle Monache sulla stessa posizione, definite in entrambi i
casi, 200-300 mt. entro il territorio austriaco.
Sulla odierna cartografia dette case non sono nemmeno
riportate come ruderi, vi e' comunque una zona prativa
pianeggiante che potrebbe aver ospitato le Monache, magari in
casolari costruiti con molto legno e poca pietra, quindi mal rintracciabili.
I PIU' ANTICHI PASSI, FORCELLE, VALICHI DEI MONTI FELTRINI
Senza voler arretrare nel tempo fino a periodi non documentati,
e' probabile, poiche' cio' scaturisce da varia documentazione,
che i valichi piu' antichi delle montagne feltrine fossero la
Forcella Pelse, a nordest di Erera ed il passo dello Schener,
vicino a Zorzoi, ove fu poi costruito anche un castello.
Accanto a questi due valichi, si puo' mettere il passo del
Valon, sopra Pietena sulle Vette ed il passo Finestra, a sud del Rif.BOZ.
Ritaglio da Guernieri-Seiffert -1833- interessante il toponimo M.Lebi e Cima di Eva (Sass de Mura)
Sicuramente i valichi piu' scomodi ma maggiormente frequentati
dai valligiani erano il passo del Valon ed il Passo Finestra,
poiche' per il passaggio dello Schener veniva chiesto un balzello.
Anche la Forcella di Dosso Perazze veniva citata nella vecchia
cartografia (1713) come valico che portava al M.Pietina.
Si legge una antica missiva del 1526, spedita dal Podesta' di
Feltre Bernardo Balbo al Principe Serenissimo di Venezia, nella
quale Egli enumera e descrive tutti i valichi che dovevano
essere presidiati per proteggere la citta' di Feltre.
-si ricorda che nell'anno 1510 stranamente con invasione da sud
vi era stata la distruzione totale di Feltre da parte di
Massimiliano per mano del suo generale G.Lietestainer:il Piloni scrive:
"Vedendosi da Cividale il foco, che tuttavia ardeva l'infelice citta' di Feltre...."-
A parte la Schalla (di Primolano), Celarzo nel Tesino, la Villa
de Lamon, Il Balbo cita lo Schener, dove ricorda la fortezza
diruta nelle ultime guerre, il passo Finestra che "...e' posto
in capo da una valle chiamata Val de Canzoi..." poi viene
citata la Val de Garza (Val di S.Martino) e per ultimo viene
citato il Canal del Mis, da difendere in accordo con i
Bellunesi "...pro dimidio..." cioe' perche' a confine tra i
due popoli. L'autore poi continua con considerazioni militari:
in particolare sia la Val de Garza, cioe' l'attuale Val di
San Martino, sia il passo Finestra, andavano difesi da
cento e duecento fanti rispettivamente: segno evidente che il
sentiero di allora ( "....da quello non pol descender
dalla valle di Primier con la qual confina, se non fanti a
piedi cum sui carnieri et schiopetti...") era solo pedonale.
Inoltre si capisce che anche allora il passo del Valon era
piu' disagevole del passo Finestra, poiche' bastavano meta'
soldati per difenderlo, inoltre, mentre il primo era solo
"angusto et stretto" , il secondo era definito "..angustissimo".
Una precisazione va fatta: in quegli anni il feltrino ed il bel-
lunese non erano aggrediti solo dagli austriaci, ma dovevano
difendersi anche dai soldati di Ludovico Sforza.
Il Piloni scrive: "...Il decimo nono giorno di ottobre (nb.1499)
mandorno quattro suoi Cittadini al Castello Agordino, al loco di
Ruit, alle Cadene, et al Canalle de Misso: assegnandoli una
buona squadra de soldati per ognun di loro, accio' difendessero
quei passi dalle gente del Sforza, et d'altri che tentassero
dannificare el territorio Bellunese..."
Una curiosita' puo' essere il fatto che tra la cima Dodici e
le creste dei Piadoch, proprio quasi all'altezza di passo
Pietena, nella cartografia antica e' segnato un sentiero che
cala verso malga Agnerola. Il passo del Pavione veniva ignorato
completamente, quindi non era un comune transito; solo in
seguito il passo veniva denominato "Forc. della Zopa".
Anche il sistema di cengie nord del M.Pavione era ignorato, pur
essendoci in fondo al "Circo dei Piadoch" un rudere di piccola caseretta.
.
Kriegskarte di Anton Von Zach (1798-1805) - Ritaglio (Tav.XI-10 Feltre) ufficiale cartografo Ludwig Geppert zona di M Monsampiano (M.Pavione)
Nessun oronimo definiva questo passo nella cartografia antica.
Il ripido pendio della "Busa dei Piadoch" era il piu' comodo
percorso pedonale di un tempo per collegare le malghe di
Pietena con quelle di Agnerola, sicuramente pero' era stato reso
agibile con lavori di contenimento, in quanto, specie la parte
bassa, e' molto friabile e non si presta ad una traccia stabile
che possa durare nel tempo. La Busa dei Piadoch era presidiata
anche nel 1915-18, infatti una mulattiera militare proveniente
dal Passo Pietena finisce duecento metri entro il vallone, nel
versante di Primiero, proprio dinnanzi ad una grotta scavata ad
uso militare, presidio di guardia del vallone.
Molto interessante e piuttosto insolito e' il fatto che nella val
Schener, dove scorre il torrente Cismon che attualmente forma il lago
artificiale omonimo, la maggior parte delle valli tributarie della Val
Schener su entrambi i versanti abbiano un oronimo ben preciso. Questa
ricchezza di oronimi in un luogo cosi' apparentemente isolato, lontano
dai grossi insediamenti umani e' un fatto raro in tutto il gruppo delle
montagne feltrine, e fa pensare ad un luogo anticamente molto
frequentato e poi abbandonato.
Non si puo' tralasciare il ritrovamento paleolitico della Val
Rosna. Considerando che il sito dove e' stato ritrovato il
sepolcro e' sul lato delle Vette, vista la presenza di molti
anfratti specialmente sul M.Vallazza e M.Tavernazzo, va da se
che le zone ovest delle Vette Feltrine erano sedi umane, anche
dimostrate dal ritrovamento stesso. Se consideriamo questa
zona come un valico tra la antica Val Cesilla e Rosna con la
val Noana, esso diviene sicuramente il piu' antico valico
delle montagne feltrine della preistoria, assieme al Passo
Croce d'Aune, poiche' anche sul M.Avena sono stati trovati
reperti archeologici del paleolitico.
LE MONTAGNE ANTICAMENTE PIU' CITATE
Le montagne non interessavano nessuno dal punto di vista
turistico a giudicare dalla cartografia esistente fino alla
fine del 1500. Esse erano considerate dei riferimenti per i
viaggi, molte volte citate con nomi purtroppo spesso non
individuabili con precisione negli attuali oronimi.
Solo nel 1570 proprio il feltrino G.Gastaldi rappresenta
qualche monte, descrivendolo come riferimento sicuro,
stagliato nel disegno rispetto agli altri, alcuni con il nome
altri con le descrizioni "Est memor che per la sua altezza..."
oppure "Di questo monte..." nessun monte pero' orograficamente
e' citato sulla zona feltrina.
Dal diciottesimo secolo le montagne feltrine divengono oggetto
di studio da parte di botanici e geologi, i quali tra l'altro
hanno lasciato documentazione dei loro studi, si possono
citare l'Antonio Tita, il Gian Girolamo Zanichelli, lo stesso
Dal Piaz, che ha lasciato il proprio nome perennemente legato
alla montagna che amava studiare.
Il "Monte Paveion" e' citato dal botanico Gian Girolamo
Zanichelli nel luglio 1724 come luogo botanicamente ricco, e
cosi' il "Monte Luna".
Nella Cartografia del F.Grandis del 1713 ecco comparire i
primi nomi dei monti feltrini: "Monte dalla cazza longa"
(probabilmente la Morsecca, in quanto subito a nord della val
Brenton; "Cole del Brenton" potrebbe essere la Roa Bianca;
"Monte de Suspiroi e Monte de Palia": mentre il primo e'
individuabile nella catena che dal M.Sperone va al Sass dei Gnei,
il secondo sicuramente e' l'attuale M.Pizzocco.
Ritaglio disegno di Sebastiano Bonotti del 1641 -La Piazza del Diavolo è detta Masarè ed è contrassegnato con B il sentiero per Pietena. SERGIO CLAUT - LE DOLOMITI BELLUNESI - Natale 1992 pag.32 - Cartografia manoscritta del Feltrino: due mappe di Pietena
L’oronimo Piani Eterni:
Sicuramente suggestivo per chi consulti le carte topografiche è
l’oronimo ‘Piani Eterni’ ad est dei pascoli di Erera. Severino Casara,
affacciatosi da Cimia verso i Piani Eterni, rimase talmente entusiasta
da immaginare un'etimologia mistica di questi luoghi. Questi piani
sono evidentemente modellati dal fenomeno del carsismo, con buche,
doline, campi carreggiati ed evidenti fratture delle rocce. Il terreno non
consente la presenza di acqua in loco, se non quella ricavata dalla
neve che rimane nelle forre più profonde anche per tutta l’estate.
Vi è notevole presenza di rettili che avevano dato il nome alla
‘Casara di Pian Nattern’ ed all’omonimo piano. Il nome ‘nattern’
significa serpenti al plurale in tedesco.
L’agrimensore Domenico Argenta nel 1790 con molte triangolazioni
disegnò per il Monastero di Santa Chiara di Feltre il territorio dell’altopiano.
Questa rappresentazione grafica riporta l’oronimo ‘Pian Nattern’ ed il toponimo
‘Casara di Pian Nattern’ proprio dove in seguito si denominò il luogo
‘Piani Eterni’, l’assonanza dei nomi è evidente.
Ritaglio da D.Argenta 1790: La Casara di Pian Nattern (nattern in tedesco significa colubridi, rettili, serpenti)
"Monte de Bernardi e Palazza": essi erano evidentemente
le cime a nord ed a sud della attuale Val Fraton, confluente
da est della Val Canzoi. E' interessante come il M.Palazza fosse
scavalcato da un sentiero, riportato pure sulla cartografia
del 1898. Le due montagne quindi dovrebbero essere state la
Pala del Lenzuolo a nord e la dorsale ovest del M.Tre Pietre.
Altro M.Palazza era individuato sopra all'attuale Alpe Palazza,
dovrebbe corrispondere all'attuale Col dei Bechi o M.Vierte,
ma sorge il dubbio che piu' che individuare le cime, il
Grandis individuasse pascoli di montagna, attribuendo loro la
denominazione di monte.
Infatti, se sulla stessa carta andiamo a vedere cosa scrive
della zona attorno all'attuale rifugio Boz, vediamo una cosa
curiosa: "Monte detto neva prima" , "Monte detto neva
seconda", "Monte detto neva terza" guardacaso proprio collocati
dove sorgono le malghe ancor oggi, ma non vi e' alcun monte.
IL M.Alvis od anche Albis era esattamente dove si trova anche
oggi l'oronimo, mentre in fondo alla val Fraina vi era un
M.Tambara che oggi e' detto M.Tambarella.
Sulla testata della allora citata "Val di Lamen" vi era il
M.Lombraor, poi verso ovest venivano citati il" M.Tavernazza
ed il "M.Valazza" i cui nomi hanno resistito al tempo.
E' molto interessante notare sulla carta del Grandis (1713) la
traccia dei sentieri, che corrisponde e conferma molti
percorsi attualmente segnati dal CAI (Feltre) ed altri purtroppo
frequentati raramente da qualche appassionato.
Si puo' dire con certezza che il lavoro fatto dal cartografo
fosse piu' preciso e corretto, a parte la sproporzione di certe
valli, di quelli fatti in seguito anche ottanta anni dopo.
Infatti bisogna attendere il 1800 per leggere cartografia
piu' precisa di quella citata sopra.
A proposito della cartografia del 1800, e' interessante
constatare come molti nomi di montagne in queste edizioni
siano stati attribuiti ex novo, si possono citare come esempi i
seguenti casi che sono i piu' evidenti:
Veniva attribuito un nome all'attuale M.Colsent, sulla cresta
montuosa di confine tra il Veneto ed il Tirolo posta tra le
Vette Feltrine ed il Sass de Mur e veniva chiamato "M.Lebi".
Lo stesso Sass de Mura era denominato "Cima del Mezzo Di",
mentre le attuali Cime di Neva erano dette Cime di Eva, ma
forse con un errore del cartografo.(1833)
In seguito il Sass de Mura veniva chiamato Sass de Mur
(O.Brentari) e Sass da Mur (S.Casara).
La montagna rocciosa a sud del M.Tre Pietre, denominata
M.Cimone veniva chiamata con il nome "M.Fortugno", nelle levate
topografiche del 1833 e del 1866.
A nord di Cesiomaggiore si erge una chiesa denominata S.Agapito
ad ovest di essa, una cima oggi non menzionata (mt.1546)
era chiamata nel 1833 "M.Cigognera", poi nella levata del 1866
si legge "M.Petenaga"; va detto che una valle ad ovest di
questa cima ancor oggi e' denominata "Le Cigognere".
L'attuale M.Sperone che si erge roccioso alla confluenza tra
la val del Mis e la Val Belluna, era anticamente chiamato
"Pietra Mula" (1526-Bernardo Balbo), poi nel millesettecento si
inizio' a rappresentarlo come "M. de Suspiroi", nelle levate
topografiche del 1833 e 1866 veniva stampato come "M.Bocco".
Oggi sulla cartografia attuale esiste ancora la costa est
della montagna che viene detta costa Peramula, ed e' l'unica
testimonianza dell'antico, originario nome.
la cima che chiudeva frontalmente la testata della val di Lamen
era denominata fin dal 1600 "M.Lombraor"; essa veniva in
seguito detta "M.Lamen", mentre oggi l'oronimo e' Col
Cesta, Pala Croce d'Aune e Pala Pedavena, con tre distinte denominazioni.
Queste ultime dizioni, introdotte recentemente,(*) dimostrano
chiaramente come ancor oggi si possano ampliare con totale
accettazione gli oronimi: mentre il parlato volgare offre un
unico nome orografico, la descrizione tecnica delle cime
impone una diversificazione dei nomi, essendo squallido il
fatto di citare le cime con la sola quota, come si faceva
durante i conflitti per motivi trigonometrici militari.
(*) Carte turistiche Ed.Tabacco.
Una stupenda iniziativa della "Fondazione Angelini" risalente
all' anno 1991, si prefigge studio e catalogazione degli
oronimi e toponimi della provincia di Belluno.
Il lavoro, che prevede la compilazione di schede nelle quali
i nomi vengano citati con il loro nome ufficiale della
cartografia ed inoltre con il parlato volgare di una e di
altre vallate, sara' di enorme importanza per chiunque si
prefigga di descrivere zone montane senza l'incubo di errare
anche grossolanamente nelle definizioni toponomastiche.
Il lavoro e' seguito dai migliori esperti di montagna bellunesi
ma certamente esso richiedera' diversi anni di impegno.
NOTE SULLE ROVINE DEL CASTELLO DELLO SCHENER DI ZORZOI
A nord dell'abitato di Zorzoi di Sovramonte di Feltre, vi sono le
rovine dell'antichissimo castello dello Schener, sito
sull'omonimo costone boscoso che separa i territori di Servo e
Zorzoi dalla Val Rosna.
Nel 1384 Feltre e la Val Sugana passarono ai Carraresi , ma gli
Arciduchi di Austria conservarono il loro dominio sul Primiero.
Cosi' tra Feltre ed il Primiero sorse un confine: Feltre lo munì di un castello.
Le rovine si trovano a quota mt.700, vi e' un cippo
trigonometrico proprio dove si erigeva la costruzione. Dalla
strada si scorge un pezzo di muro di circa una decina di metri,
ma e' in pessime condizioni. Sopra ad esso, probabilmente in
seguito a scavi effettuati, altri piccoli pezzi di muro
affiorano, ma sono decisamente pochi e piccoli.
A nord della costa, poco sotto alle rovine, una grotta
artificiale scavata nella roccia si inoltra per circa una
quindicina di metri: la volta e' franata. Forse si tratta di una
opera militare di guerra, ma e' strana la posizione, lo
scavo e' irregolare, troppo profondo e senza scavi laterali in
fondo. Infatti l'apertura di ingresso volge a nord, verso la
valle del Cismon e mai un militare del 1915-18 avrebbe fatto
uno scavo in quella direzione per poi adibirlo a dormitorio per
i soldati o deposito di qualsiasi genere, perche' direttamente
esposto al fuoco nemico. Lo avrebbe scavato ortogonalmente alla
valle, a sud del castello, in direzione ovest-est.
Puo' quindi essere stata la cava usata per reperire il materiale
usato per edificare la fortezza, in seguito franata. Al suo
interno, spostando qualche masso, si notano tavole e legni completamente marci.
Purtroppo non c'e' alcun cartello o tabella che indichi le
rovine, e quindi rimane all'occhio del turista la destrezza del
notarle al momento giusto, sul filo della costa sopra la strada.
Lo storico Alvisi, nella sua opera edita nel 1859 riportava una
missiva del nobile Bernardo Balbo, scritta nel 1526 al
Serenissimo Principe di Venezia, nella quale elencava i passi per
i quali il nemico Tedesco poteva aggredire il territorio di
Feltre e tra l'altro testualmente scrive:
....Il quarto passo si domanda il Schener; per il qual si
descende dalla Val di Primier alla Villa de Servo et Zorzoi, et
de li in campagna di Feltre; ma e' un loco angusto, ita che per
quello non pol descender se non fanti a piedi cum sui schiopetti
in spala; ne pol esser condutto vitualie, ma solum pol portarse
pani nelli carnieri et vino in li botazj, et per questo fu de
mandato de Vostra Sublimita' fabricato ivi una fortezza, la qual
in queste guerre e' sta ruinata da inimici; ma potriasi fare piu'
forte che prima; e questo e' il passo per qual li ditti de
Primier conducono suso some de muli et cavalli, solamente vino et
altre vituarie del territorio feltrino et trevisano per uso del
viver loro, dove se tien un deputato alla custodia del ditto
passo, acio' non siano comessi contrabanni, portando le robe
netate, le qual tamen non ponno passar de li, se la bolleta delli
datiari non e' sigillata da Vostri Rettori....
In seguito, dove lo scrivente annota le spese di gestione della
citta' di feltre, tra le righe si legge:
.... Per lo Capit. di Schener L.446:9 ......
Si capisce chiaramente che la fortezza aveva lo scopo di servire
in tempo di pace per la richiesta del dazio di passaggio, ed a
questo scopo vi permaneva sul posto un daziere, assieme al
Capitano delle guardie ed alle guardie stesse.
Va evidenziato il fatto che sembra vi sia un solo capitano
esterno alla citta' sulla busta paga del Bernardo Balbo, e questo
lascia intendere quanto importante fosse il Castello all'epoca:
sembra praticamente che a difesa di Feltre non vi fossero altre
fortezze che richiedessero la presenza di un Capitano.
Probabilmente in tempo di guerra le cose cambiavano, in quanto la
citta' di Feltre faceva costudire bastioni difensivi in ben sette
valichi, da quanto viene scritto dall'Alvisi.
Il fatto comunque che in quel luogo fosse richiesta la presenza
di un Capitano, nonostante non si passasse con i carri ma
solamente a piedi o con muli e cavalli, e' indicativo del
traffico che vi doveva essere e della mole di balzelli che dovevano venire riscossi.
Un buon contrabbandiere, comunque, avrebbe potuto tranquillamente
valicare la costa dello Schener piu' a monte, cosa che
probabilmente si faceva, esistendo piu' sentieri che calavano dal
M.Tavernazzo in direzione di Servo e Zorzoi: con una serie di
muli od a cavallo pero' la strada piu' comoda era quella della
Fortezza, in quanto le alternative sarebbero state piuttosto ripide ed impervie.
E' suggestivo e di stimolo per la fantasia, consultando la carta
topografica, considerare i nomi delle localita' prossime alla
fortezza: la costa dove sorgeva il castello di Schener e'
nominata Costa della Fratta, a nord il M.Tavernazzo che
comprende la malga Tavernazzo, a sud la localita' Bettola....
Resti del muro del rudere e cippo trigonometrico (foto Luigina Garzotto)
Rovine del Castello dello Schenèr in una foto di fine 1800
Negli anni precedenti alla prima guerra mondiale, la strada che
porta allo Schener e' stata allargata per motivi militari, ne
sono state costruite altre a quote superiori ma tutte parallele
che portano alla Costa della Fratta: infatti essa e'
strategicamente importante perche' le artiglierie poste lungo la
costa potevano facilmente interdire il passaggio a chiunque
avesse tentato di scendere lungo il Cismon.
Si nota ancora oggi la bella massicciata costruita dal genio
militare a sostegno delle strade di servizio perfettamente funzionale.
Altre strade militari scorrono piu' in alto, nei pressi di malga
Monsampian, tra il M.Vallazza ed il M.Pavione.
Un fatto che fa pensare quanto anticamente potessero essere
conosciuti e frequentati questi luoghi e' il reperto dell'era
paleolitica (Si e' stabilito 11.000 anni prima di Cristo)
Il sito archeologico fotografato dalla statale
Il sigillo tombale dipinto con colori naturali (da cartolina illustrata locale)
rinvenuto a fondovalle nei pressi della Val Rosna, proprio giu',
a nord, nella valle sotto alle rovine del Castello. L'ambiente e'
ricco di caverne, i luoghi sono molto soleggiati ed aperti.
Una bruttissima linea elettrica ad alta tensione ora sovrasta
questi luoghi. Molti sentieri che vi sono nei pressi sono
sentieri di servizio dell'Enel e sono contrassegnati con segni
gialli ed arancio sugli alberi, ovviamente non vanno seguiti.
Descrizione dellì Itinerario:
Si perviene a Zorzoi da ponte Oltra in Val Cismon oppure dal
passo Croce d'Aune sopra a Pedavena.
Alla piazza di Zorzoi si gira a sinistra (ovest) inoltrandosi per
le strette stradine del centro storico (belle e vecchissime
abitazioni) e si seguono le indicazioni per localita' Bettola.
Giunti alle case di Bettola, si tralascia la stradina a destra in
salita, proseguendo a sinistra in leggera discesa.
Presto la strada diviene bianca ed e' conveniente parcheggiare
poco prima di localita' Bur (Capitello).
Bettola: vecchia costruzione con portico (Luigina Garzotto)
Si prosegue per la strada militare che presenta talvolta bella
massicciata in pietra, ad un bivio prendere a sinistra, in
discesa, fino al filo della costa dove si apre alla vista la
valle del Cismon (val Schener). Tralasciare tutte le frecce ed i
segni colorati poiche' sono indicazione di servizio per l'Enel.
Un cippo trigonometrico in cemento con coperchio metallico e'
posto proprio sopra alle rovine del Castello.
(la strada poi prosegue in leggera discesa verso est, verso la
media val Rosna, ma superato il canalone, termina ben presto).
ore 0.30 da Bettola.
Cartina del 'Viàz del Tavernàz', un percorso ad anello che inizia poco oltre il rudere del Castello dello Schenèr, la foto è di Luigina Garzotto