!-- Google tag (gtag.js) -->

Campotorondo-Piani Eterni - Piumovimento dalle Dolomiti

Escursioni e curiosità storiche con testi di Gian Garzotto
(Sito parzialmente in costruzione)
Vai ai contenuti

Campotorondo-Piani Eterni

Dolomiti > Dolomiti Feltrine > Pizzocco-Erera > Erera

Alla malga di Campotorondo da Mori-Pattine
Per sentiero CAI n.802



Ritagli Carta IGM 1:25000 - Gosaldo rilievi 1948




Gita del CAI giovanile di Belluno nel 1990

Mori-Pattine è raggiungibile dal Ponte di Titele dopo aver percorso  interamente la Val del Mis oppure essere scesi da Forcella Franche per il paese di Tiser. Si può giungere con l’auto sino ai paesini ma io consiglio di parcheggiare un poco prima  per scarsità di spazio dove parcheggiare.

Si  parcheggia  l'auto  a  Marcuz,  in alta Val del Mis, e si   perviene  a Pattine sul tracciato della vecchia rotabile fino          sotto alle case del paese, poi si risale diritti la china per  mulattiera ben battuta.(segni rosso-bianchi). Si  aggirano  le  case  del  paese  verso  monte, poi si sale  diagonalmente  un  prato verso ovest, ricongiungendosi con la  vecchia  pista  forestale  che  sale  ampia sino alle case di  localita' "I Salt". (casa a dx ed a sx della strada) mt.783.
(30 min. da Marcuz- a dx per le ex miniere)
La mulattiera, di stampo militare, sempre ben larga e con pendenza pressochè costante, risale a tornanti la dx orografica del Vallone di Campotorondo. Alla quota di m.1256 giunge ad un bivio di sentieri dove la diramazione di dx ( ovest) porta verso la diruta ex malga Ladesi. La diramazione di sx (nord-est) è la vecchia strada militare del M.Colàz che scavalca la dorsale dello stesso per calare in Val del Mis.
Si prosegue quindi diagonalmente verso est e, con qualche tornante, si esce sui piani della ex casera Valòn che si vede in mezzo a rigogliosa vegetazione a sx a m. 1314.



NB: Dalla casera verso est sale ripido il percorso per salire le creste del M. Agnelèze per il Castelìn, descritto in altro capitolo.

Ora la mulattiera militare si snoda con pendenza minore e talvolta la carreggiata è sopraelevata rispetto al terreno e lascia a sx alla quota di circa m.1450 la sorgente Posèt. Altro bivio a metri 1635 dove una larga mulattiera (assai  ingombra di vegetazione prosegue diritta seguendo la Val del Menegaldo - una valletta che volge a sud - questo è il percorso per giungere alle ex malga di Agnelèze).
Saliti due tornanti in ambiente roccioso, si passa sulla sx orografica del Vallone di Campotorondo presso la ‘Busa del Toro’  dove la mulattiera si congiunge alla strada forestale per Erera. Invertito il percorso si giunge alla ex malga di Campotorondo a m.1763.

Da Campotorondo verso la ex Malga Agnelèze (puntino rosso) e forc. Agnelèze


Campotorondo ad aprile anni '80


Agosto 1990 -La spianata a nord della ex malga di Campotorondo: Gli chalèt della Forestale ora demoliti

NB: La ex malga offre un bivacco in muratura dove in genere pernottano gli speleologi che operano per le esplorazioni del sistema sotterraneo dei Piani Eterni. Il bivacco è quasi sempre presenziato da Carabinieri Forestali che alloggiano in un una parte di fabbricato adiacente.

Tempo di salita ore 3.30-4 circa
Acqua alla sorgente Posèt ed a Campotorondo





DAL LAGO DEL MIS ALLE AGNELEZE E CAMPOTORONDO PER LA MORSECCA NORD
(Dx orografica Val Costalonga, Troi della Morsecca-non segnato su terreno)


                                                           La Morsecca vista da Gena


                      Lo Spiìgol Sec visto salendo per la Morsecca (si nota il ripido sentierino a zig-zag)


NOTA:  Le carte  IGM-Tabacco-La Giralpina,  indicano la valle che
scende da sud delle Agnelezze verso il  Canal del  Mis  come "val
delle  Scortegade".  Cartografia  del  1790  (Argenta)  indica la
stessa valle  con il toponimo "Val  delle Fontane".  Nel 1973 una
carta toponomastica del CAI di Feltre indica la stessa valle come
"VALAZA"  e cosi'  la guida del Parco delle Dolomiti Bellunesi di
G.Dal  Mas e B.Tolot.  In queste note  lo scrivente  si adegua ai
toponimi  riportati dal CAI di  Feltre  e dalle  sicure  note dei nostri  amici.
Invito chi  confronti  le  mie  note  con  le  carte topografiche
suddette a valutare queste sostanziali differenze.

Anticamente  era  un  sentiero  molto  importante,  largo  e  ben
battuto,  lo si  puo'  giudicare da alcuni tratti  che sono anche
stati intagliati nella roccia, altri sono stati massicciati.
Ora rimane ancora un buon sentiero che purtroppo  nella sua parte
intermedia  viene  pian  piano  sommerso  dalle  mughe.  Presenta
qualche passaggio su cengia che tuttavia,  anche  se esposto, non
puo' essere considerato difficile, data l'ampiezza dei passaggi.
Risulta ripulito dalle mughe all'anno 1988.



Traccia GPS su carta IGM 1:25000 Gosaldo

Da  quota 435,  dove la rotabile della  Val del Mis passa  con un
recente ponte dalla dx orogr.  alla sx,  (ponte di Gena) sulla dx
orografica vi e'  un bel piano (orto botanico - chiosco Parco Dolomiti bellunesi)
nel quale si addentra una stradina in direzione del M.Morsecca.
La  stradina  diviene  ben  presto  sentiero.  Superato  a  dx un
recinto,  compie un  tornante verso  sx,  quindi uno a dx (bivio)
rimontando la  costa ed  infilandosi poi nel  greto  del torrente
Brenton sulla sua dx orografica.


Presso l'orto botanico con sfondo la Morsecca

 
Presso i 'Cadini della Val Brentòn' ed il sentiero turistico attrezzato


Si  risale  per una lunghezza di  cinquanta  metri  il  greto che
presenta belle marmitte d'acqua,  poi il sentiero appare sulla sx
orograf.  e costeggia in  piano il  torrente  verso ovest  per un
centinaio di metri.  La mulattiera molto larga sale a tornanti la
costa della Morsecca  con lunghe  traversate;  a quota mt.740, in
corrispondenza  di  un  ruscello  con cascatelle,  ed anche venti
metri  sopra,   si  incontra   il  bivio  per  lo     Spigol  Sec
(sinistra-ovest).(per la Morsecca non bisogna mai andare ad ovest
della valletta con ruscello). Si prosegue salendo per il sentiero
verso nord a destra,  e si raggiunge in breve il bosco  di larici
in mezzo al quale e' sita la ex malga di Morsecca a mt. 768.
(La casera  presenta  ancora  i   muri  sani,  mentre il tetto di
tegole e'  crollato.  Si notano i pietroni enormi e perfettamente
allineati con i  quali e'  stato eretto il muro  della stalla che
poteva ospitare una quindicina di bestie.)
Il sentiero  continua  dietro  il  muro  n.est  della  stalla, si
continua per un centinaio di metri, poi si incontra un bivio dove
si prende il sentiero piu'  basso che lascia a sx i ruderi di una
bella  fornace  e  poco  piu'  avanti  supera  una  valletta  con ruscelletto.

 La calchèra poco oltre i ruderi di cas. Morsecca

Il   sentiero  continua  una   quarantina  di   metri   oltre  il
ruscelletto, poi decisamente gira a sinistra (diritti si prosegue
per casere Pissa) e sale direttamente a stretti tornanti tutta la
costicina boscagliosa verso ovest fino sotto alle rocce.
Diagonalmente e molto largo, il sentiero si incunea a nord tra le
crode      per  cengia  inclinata e  ripida,   poi  la  pendenza
diminuisce e per boscaglia il  sentiero  si fa piu'  esile e sale
fino ad un bel pulpito sulla costa n-est della  Morsecca. Betulla
bianca. 990 mt. (bellissimo panorama anche della Costalunga).


Dai pressi di Gena:  Il sentiero che rimonta diagonalmente la fascia di rocce


Guardando in alto, a sud-ovest, verso la costa pratosa che scende dalla
Morsecca,  notiamo  una fascia di rocce a circa  un  centinaio di
metri dal pulpito di quota mt.990.  Il sentiero punta alla destra
di quelle rocce, ma piu' basso di esse di circa 40 mt.
Si salgono quindi  un  paio  di  colli per sentiero  che  e' meno
evidente a causa dell'erba molto alta,  e si raggiunge  un covolo
che con un brevissimo passaggio su cengia ci obbliga ad abbassare la testa.
(questo covolo a m.1070 circa,  sito sopra ad un  burrone,  puo' offrire riparo a
diverse  persone ed  all'interno presenta  una tazza  naturale di
roccia nella quale cade costantemente una goccia di  acqua. E' il Covol  della Gioza.


               Dal pulpito q.990: Morsecca con la fascia di rocce del 'Covol dela Giòza' verso Sud-Ovest


Il tracciato del sentiero della Morsecca visto salendo la Costalunga

Dal  covolo,  verso ovest,  si dipartono due cengie  che scorrono
quasi parallele una sopra l'altra a distanza di 7-8 metri.
Il sentiero  originale (franato)  percorreva quella  sotto, ma e'
piu'  agevole percorrere quella  sopra,  sottocroda e  piu' larga
che  porta ad  un  canalino  con roccette.  Ci si  abbassa per il
canalino di  una decina  di  metri riguadagnando il  sentiero che
prosegue in leggera discesa in direzione n-ovest. (Si noti quanto
larga era la carreggiata un tempo!)

NB:Dove il sentiero diviene piano,  mt.1050 verso  est, si stacca
un  altro sentiero sommerso dalla vegetazione che  cala  verso la Val Costalunga.


Dopo aver  salito  con moderata  pendenza tutta  la costa boscosa
ad ovest,  si perviene ad una costa di mughe  (Betulla) che guarda la
val Costalunga. (m.1075 c.)  Questa costa  e'  molto  panoramica:  si possono
notare  le  belle pareti  rocciose-nord del gruppo della Morsecca,  le crode
nord-est  delle Agnelezze,  che appaiono  prive  del  cono erboso
sommitale ed appaiono imponenti;  a destra di esse, il pulpito di
quota 1575 mt.


  foto dal sentiero a q. 1075 IGM circa

Il  sentiero  da  qui'  ridiventa esile,  perche' ricoperto dalle
mughe.  Esso risale verso sud direttamente e con stretti tornanti
tutta la costa  di mughe fino ad  una cinquantina di  metri sotto
alle crode,  (che presentano un caratteristico foro rotondo). mt.
1250 circa -Larici sulla costa.
Si traversa verso sud-ovest dapprima  in  quota e poi  in leggera
discesa,  traversando qualche canalino roccioso che  non presenta
difficolta' e si cala vebti metri per scarpata ghiaiosa in un gran vallone
che presenta un ghiaione alla quota in  cui si perviene.

NB:  Questo vallone,  e'  confluente nella val di Costalunga e si
sviluppa  tra le  pareti  della Morsecca  ed il pulpito  di quota
mt.1575 IGM.  Esso  e'  chiamato  nella cartografia 1973  del  CAI di
Feltre "Val delle Scortegade", mentre non e' nominato nelle carte
IGM ,  Tabacco, ecc. Esso presenta una traccia di sentiero che lo
taglia  a tornanti,  risalendo  la  sua sx  orografica  fino alla
forcella  che guarda  la  Valaza.  Suddetta  traccia  comunque e'
abbandonata  e    piu'   difficilmente  risalibile  del  percorso descritto.

Si cala nel ghiaione e lo si attraversa verso ovest,  per traccia
evidente;  si segue la valle boscosa al  centro, si  prosegue  sempre
centralmente  anche  quando il vallone diviene un canalino.
(m.1260) Alla sx orogr, del canalino confluente
da sud  il sentiero ci appare ancora molto evidente e largo.
Si risale adiacenti al canalino e poi si  esce sulla
sinistra (finestrella di roccia)  a mt. 1345 c. e si risale la costa
mugosa ad ovest del canalino per  stretti tornanti fino ad  uscire in
corrispondenza di tre betulle. (mt. 1400 c.)
Ora  la  pendenza  e'   decisamente   minore   ed   il  sentiero,
diagonalmente, raggiunge il ghiaione sotto le crode. Si risale il
ghiaione  sottocroda,  lo si  attraversera' ad overt solamente  in  alto,
a  quota  1540  mt.  circa  per raggiungere
attraverso una banca mugosa la forcella che guarda verso ovest la
Valaza. (mt. 1554 ctr)


La dx della Val Costalunga: dalla quota m.1554 CTR, si vede il sentiero al centro  della foto


          Sopra e sotto:  Panorama sui Monti del Sole risalendo il sentiero della Morsecca
       


                      
                                                La parete e le torri est delle Agnelèze


Le cengie sotto alla Torre delle Agnelèzze viste dalla banca di accesso al Valòn della Valàza (m.1550 c.)

     
  Dal pulpito di m. 1554 CTR la parete nord della q.1912 CTR

NB:Sotto le crode delle Agnelezze, nella bassa Valaza, una cengia
mugosa (Il forzelin)  collega la Valaza con la costa di  Renzin e
la Costalunga.  Essa non presenta problemi dal lato  nord, mentre
il lato sud presenta un delicato attraversamento per mughe.


Val delle Fontane o Valàza ad est del M.Agnelèze


Costeggiando  le  rocce per sentiero  si cala nel' anfiteatro detritico
della antica 'Val delle Fontane',  poi si infila  verso sud-ovest la  stretta valle
rocciosa che con pendenza moderata, lasciando a sx a m.1690 un covolo,
ci portera' fino alla forcella delle  Agnelezze.   mt.   1982.
Dalla  forcella,  verso  ovest,
costeggiando il M.Agnelezze, fino ai ruderi della omonima casera.
Verso ovest, dalla fontana, una larga mulattiera tra le mughe
conduce a Campotorondo.

ore 5-6  Dislivello mt.1500 circa
Acqua: solo da nevaio nella Valaza.



 STRADA MILITARE DEL M.COLAZ PER CAS. RENZIN

                   Giro ad anello in Valle del Mis per il M.Colaz.
       
       Il  percorso e' segnato con segni rossi al 1994 solamente nei
       punti critici ed ai bivi.
       Si  tratta  di  una  escursione  con dislivello di circa 1000
       metri,   considerando  alcuni  saliscendi  del  percorso,  la
       pendenza  della  strada,  costruita per il traino di pezzi di
       artiglieria, e' sempre costante e lieve.
       Essa  e'  una  opera  di  confine,  costruita  ancora  quando
       lo stesso (1900) scorreva poco piu' a nord.
       Essa  si snoda lungo  la  costa  di  Renzin  per boschi ed e'
       molto  ampia,  purtroppo in molti tratti sommersa dalle mughe
       e per questo motivo di difficile orientamento spece nella sua
       parte alta. (1100-1300 mt.)
       E'  auspicabile  una  pulizia  dalle  mughe che renderebbe il
       percorso veramente piacevole.
       Viene    descritto    il  percorso  in  salita,  sebbene  sia
       decisamente  meno faticoso compiere il tragitto in discesa.




        Si  perviene  al  luogo dove conviene parcheggiare per la Val
        del Mis (divieto al 1994) o da Tiser.
        Si  puo'  parcheggiare  l'auto al ponte di Titele, a mt. 603,
        dove il ponte attraversa il torrente Mis.
        Si  scende  per  la  Val  del  Mis  per  circa  2 chilometri,
        oltrepassando  tre  gallerie  e  superando  una curva con una
        grotta,   poi  si  percorre tutto il rettifilo che verso sud,
        a sinistra, presenta un buon parcheggio.
        In questo punto si potra' scendere nel greto del mis, calando
        dalla diga di grossi sassi.
        Il punto dove conviene guadare e' segnato in rosso sull'altra
        sponda, sulla roccia.
        Passati  sulla  dx  orografica si costeggia sul greto per una
        cinquantina  di  metri sino a che si potra' scorgere su di un
        grosso masso un segno rosso circolare.
        Dal  macigno  (segni  rossi)  si  sale la costa diagonalmente
        verso est, (avendo cura di non salire diritti sopra il masso,
        dove  altri segni rossi portano a percorrere una cengia molto
        esposta centocinquanta metri sopra).
        Si supera subito dopo (cento metri) un rivo secco franoso che
        cala  dall'alto (segni su masso) e si risale dall'altra parte
        trovando finalmente l'ampia strada.
        Ora  si  inizia  una seria lunghissima di tornanti, la strada
        e'    caratterizzata    da  lieve  pendenza  e  curve  sempre massicciate.
A  quota mt. 660 in corrispondenza di un tornante sinistrorso
       un  sentierino  (punto rosso su albero) si diparte sottocroda
       verso nord verso le cengie precedentemente accennate.
       (Vale la pena di andare a vedere...)
Dopo  aver  superato  una  valletta pietrosa (acqua cinquanta
        metri  sopra  -  segni  rossi  sulla croda) si perviene ad un
        bivio  dove  la  diramazione  in  leggera  discesa porta alla
        casera di Renzin, sita a 200 mt.(mt. 1000)
La  casera  e'  costruita in cemento e sullo stipite si legge
       la  data  1938.  Assomiglia  piu' ad una casamatta che ad una
       casa  di montagna, tetto piatto in cemento con erba, porte in
       ferro, camino tipo bunker... ecc...


 La casera forestale a Renzin a m. 1000

        Si  segue  la  diramazione  in salita, passando diagonalmente
        sopra  alla casera, ed una decina di tornanti portano sino ad
        una cresta dove la strada e' stata tagliata nella roccia.
        Si  cala  poi in diagonale in una valletta (segni rossi) dove
        dall'altra  parte  si  scorge la strada che passa sopra ad un
        tratto possentemente massicciato. (sorgente d'acqua)


 La strada con tratti massicciati dopo la cas. di Renzin a circa 1200 mt.

        In questo punto la strada e' scavata totalmente nella roccia.
        Si  segue  la strada in leggera discesa e poi in piano sino a
        dove  (segni su albero e su roccia) la strada sembra sparire,
        in mezzo alle mughe.(m.1160). Fare subito uno stretto tornante
        sinistrorso ed in piano,  (segni rossi)  dopo circa cinquanta
        metri  un  altro tornante a dx (segno su roccia) e si procede
        ancora  per  un  centinaio di metri su strada infestata dalle
        mughe che sale diagonalmente.
        Quello descritto e' il tratto piu' difficoltoso a causa della
        vegetazione,  nonostante che la lunghezza sia solo di qualche
        centinaio  di  metri.
        Si traversa sotto alle rocce del M.Colaz su strada in piano.
        Si  superano  ancora un paio di vallette su strada pressoche'
        piana,  poi  essa risale ancora con una serie di tornanti che
        portano  alla radura a nord del M.Colaz che presenta numerosi
        grandi schianti di piante che vanno inizialmente scavalcati.
        La  segnaletica  in  questo  punto  va  seguita attentamente,
        perche'  il  percorso  aggira numerosi tronchi e schianti per
        poi  ritornare  (piccolo saliscendi) sulla strada che procede
        ora in piano verso ovest.Tra la radura e la forcella terminale
della Val Lunga (m.1353)
        un  bivio  (segno  rosso su tronco) invita a salire su per un
        sentiero  che  sale  diagonalmente,  invece  qui'  bisognera'
        continuare  in  piano  sino alla forcella che viene raggiunta
        con un tornante in discesa. A nord della forcella, un pulpito
        panoramico permette un bellissimo sguardo sui monti a nord.
        La  forcella  a  nord-est  presenta  un canalone roccioso per
        niente  invitante  (Val Lunga), mentre ad ovest essa permette
        la discesa con cinque tornanti molto larghi ed una traversata
        sottocroda  verso  sud,  sino al bivio di quota mt. 1256 sito
        poco sotto casera Vallon, dove molte mulattiere si incrociano
        proprio nel mezzo del Vallone di Campotorondo.

       NB: Le  carte topografiche indicano il percorso a tornanti ad
           ovest  della  forcella  sommitale  della  Val  Lunga come
           traccia difficile. Non e' cosi'. Si pensi che la pendenza
           ed  i  tornanti  sono  adatti   per il traino di pezzi di artiglieria.

        Per  il  ritorno  verso  il  Ponte  di  Titele  si scendono i
        numerosissimi  tornanti  del  largo  sentiero  che  scende il
        vallone   di Campotorondo sino all'abitato di Pattine (acqua)
        e da qui' in circa venti minuti sino al ponte.

       Dislivello circa mt.1000
       acqua: a mt. 1000 (Valletta, in alto 30 mt.)
              a mt. 1150 (Valletta, sulla strada, sorgente)
              a mt. 1200 (piccola sorgente sulla strada)
       Per il giro completo ore 6-8 circa


DISCESA PER LE COSTE NORD.OVEST DELLE AGNELLEZZE

Percorso che richiede attenzione, su cengie talvolta
esposte e con un breve passaggio su canalino roccioso.
E' abbastanza battuto dalle bestie, non evidente calando
verso la forcella Nord del M.Colaz .
E' consigliabile, dato il tipo di terreno, effettuare il percorso
in discesa, come descritto nella seguente relazione.


 Le cime delle Agnelèze viste da Sud (Pelse)


 Salendo il Col della Fontana: verso il M.Agnelèze la traccia verso sx  cala poi nel 'Bus del Pèz'


Incontro sulla costa sud delle Agnelèze: L'ing. Piero Sommavilla (che scruta il M.Palòn) Il geol. Arvedo Decima  con il grande cacciatore Stalliviere, mogli e figli. ( 1998: c'era già l'idea di descrivere queste meraviglie)


Dalle Agnelèze verso i Monti del Sole - il crestone erboso che racchiude il 'Bus del Pez' a sx basso il M Colàz
(foto da outdooractive.com)


Il gruppo di alpinisti presso il Bus del Pez


  Il 'Castelìn' quota 1828.5 CTR lungo la costa NO delle Agnelèze che va traversato a Nest (versante della foto)


Dalla Malga diroccata delle Agnellezze,  sottocroda dove vi e' la
bella  fontana (attiva)  si  traversa  in  quota per  prati verso
nord-ovest fino  ad  entrare nel sassoso Van dei  Cavai  che cala
dalla Cima delle Agnellezze.
(si  lascia  a  sinistra  il  sentiero  che  cala  nella  Val del Menegaldo)
Si aggira in quota il Van dei Cavai e per una bella cengia erbosa
si perviene,  superando  molte  vallette  sempre  in  quota, alla
localita'  Castelin.  Qui'  vi e' una costruzione in pietra senza
tetto  (mt.1810).  Da  questo  pulpito e'  molto facile osservare
animali  che pascolano  giu'  nel  sassoso  Bus  del  Pez, grande
vallone sotteso dalle creste nord-ovest del M.Agnellezze.
Si  cala  giu'  nel Bus del Pez,  tagliando in  diagonale (grande
vallone pietroso  con  moltissimi  schianti  di  alberi  dovuti a slavine).
Lo si oltrepassa verso nord-ovest e lo si costeggia sotto a rosse
roccie  per  prati,   passando  a  dx  di  tre   piccole  doline,
testimonianza di   fenomeno carsico e  di  antichi sfrofondamenti sotterranei.
Sempre  pressoche'  in quota e con qualche  saliscendi per cengia
stretta ed esposta, si perviene con un passo su roccia in discesa
alla forcellina di quota mt.1750.

NB:  da  questa  forcellina,  verso  ovest,  e'  possibile calare
dapprima per  ripida boscaglia e  poi per un  grande ghiaione ben
visibile anche dal basso verso il bosco  di fondovalle, giungendo
grossomodo in localita' Sorgente Poset (Acqua).

A nord della forcellina vi e' un pulpito roccioso la cui quota si
aggira  sui 1830 mt.  esso va  traversato per  tracce di animali
pressoche'  in quota tenendosi  sul versante est.  Si perviene ad
una crestina rocciosa (mughe)  che e'  l'estremo pulpito verso il M.Colaz a nord.
Dal margine  nord della crestina si  cala per  un ripido canalino
alquanto franoso aiutandosi con le mughe per circa una quarantina
di  metri,  fino  alla traccia  (che si mantiene   una ventina di
metri ad  ovest della spalla  boscosa)  poi  giu' per cento metri
fino alla forcella Sud del M.Colaz.(mt.1595)

NB: da notizie, dalla forcella sud del M.Colaz,  una cengia porta  a sud est
fino alla costa Renzin, che e' percorribile.

Dalla  forcella  si  cala  per il  vallone  boscoso  verso ovest,
dapprima senda un percorso obbligato, poi per sentiero che scende
a tornanti fino alla casera Vallon ( in buono stato, mt.1314).
Il sentiero cala in mezzo alle ortiche nei pressi del pascolo, e'
conveniente quindi scendere alla destra del pascolo, mantenendosi nel bosco.

Ore 2.15 circa.
Non vi e' acqua sul percorso
dislivello in discesa circa 600 mt.



       ALLE MINIERE DI MERCURIO ABBANDONATE DI VALLALTA
        (Da Pattine e Mori per il piano di Vallalta)

        Nella  rivista  "Le Dolomiti Bellunesi" dell'estate 1991 sono
        state  descritte  molto bene con tanti particolari le miniere
        di  Vallalta,  al  confine  tra  la provincia di Belluno e di
        Trento, nella alta Val del Mis. (Luigi Caneve)
        Purtroppo    in   questa  descrizione  e'  mancata  la  parte
        descrittiva  su  come fare per raggiungere dette miniere ed i
        luoghi  attinenti,  cosa  non  facile  se consideriamo che la
        localita', ultimamente, e'  stata  dissestata,  distrutta  e
        sconvolta dalle alluvioni del 4 nov.1966 e del 3 ott. 1993.
        Una  particolarita'  non  riportata,  inoltre,  emerge  dallo
        studio  delle  carte del Grandis, il quale nel 1713 riportava
        nelle    sue  carte  le miniere con particolare attenzione ai
        luoghi da presidiare con guardie di confine.
        Il  Grandis riportava dei luoghi attorno alla zona estrattiva
        dove  porre  guardie,  contrassegnati  nella  sua carta con i
        numeri 38,39,40 e 41 ed in particolare leggiamo:
        38)  Nel  Canal  del  Mis, in Val Pezzea, sara' detta guardia
        posta  sopra  il  Colgolar della Minera de R.R. P.P de Vedana
        ecc.ecc.  Ed  ecco  una memoria storica dei proprietari della
        miniera ancora antecedente a quelle riportate dal Caneve.
        Il Grandis riporta traccia di due sentieri che si dipartivano
        dalla miniera, uno alto ed uno basso, citando pure Val Alta.
        Il  sentiero  alto  probabilmente  corrisponde con quello che
        verra' ora descritto, mentre il sentiero basso era quello che
        calava    dalla  miniera  direttamente  alla  confluenza  del
        torrente  Pezzea  con  il Mis, ora sconvolto dalle alluvioni,
        impraticabile  e  franato quasi totalmente.(al 1966 rotabile)
        Altri  sentieri  dalle  miniere salivano  verso il vallone di
        Ladesi e forc. dell'Omo,  pure citato nella cartografia dello
        agrimensore    Argenta   che  nel  1790  riportava  molto  in
        particolare  quelle  zone: egli nomina il Bosco di Val Alta e
        pascolo,  le  casere  di  Piero Bressan la cui localizzazione
        dovrebbe  corrispondere  al  piano ad est sopra alle miniere,
        ora  citato  con  la  costruzione  ancora in buone condizioni detta "Il Casin".
        Il Domenico Argenta pero' non annota la miniera di cui il suo
        predecessore  Grandis  aveva ben scritto settanta anni prima,
        ma  annota  un sentiero che dalle case di Piero Bressan porta
        alla  casa di Giacomo Casal detto Taja.....ed il percorso e'
        senza  dubbio  la  continuazione di quello che sta per essere
        descritto,  risalendo ulteriormente il torrente Pezzea per la
        sua  destra orografica, ed attraversando le valli Mandrisson,
        Di Mezzodi' e Mandrisset.
        L'omissione  grossolana dell'Argenta forse e' dovuta al fatto
        che  l'estrazione  era  stata  interrotta  a  cavallo di quel
        periodo storico, ed il luogo non era piu' frequentato.
        Lo storico Alvisi, (1859) nel libro "Belluno e sua provincia"
        si sofferma a lungo nelle descrizioni delle miniere di Agordo
        ed  in  particolare  di  Vallalta  (pag.125) datando le prime
        ordinanze scritte di scavo all' anno 1488.

        Dislivello circa 350 mt.
        Acqua abbondante lungo il percorso
        Ore 2 circa

        DESCRIZIONE DEL PERCORSO

Recenti  alluvioni  costringono  a  parcheggiare  l'auto  nei
        pressi  del  ponte militare in localita' Titele, in quanto la
        strada che collegava Mori e Pattine dal 1993 e' impraticabile
        e ridotta a brutto sentiero.
        Si  puo'  pervenire  ai  suddetti abitati tramite un sentiero
        alto  che  si diparte salendo diagonalmente i prati subito ad
        ovest  del  ponte,  oppure  seguendo  il tracciato disastrato
        della strada che ora e' solo sentiero.
        Giunti  all'abitato,  un  sentiero  subito a sud dello stesso
        sale  passando  dietro  ad  una casa di recente costruzione e
        sale il colle congiungendosi con quella che l'anno scorso era
        una bella pista forestale.
        Si  sale  ulteriormente sino a giungere in localita' i Salt a
        quota  783 mt. Qui' sulla sinistra vi sono due abitazioni con
        tetto ancora buono, a destra un'altra abitazione tipo "tabia".
        Vi  e'  un  bivio  (diritti  si va a Campotorondo ed Erera) e
        dobbiamo  prendere  la  mulattiera  che in leggera discesa si
        dirige verso ovest.
        Essa  cala  con  due tornanti fra grossi pietroni e supera il
        greto  di  un torrentello, poi pressoche' pianeggiante supera
        un'altro  torrentello  ed  una  frana  che  costringe  ad una
        improvvisa salita per aggirarla.
        Il  largo  sentiero  prosegue nel bosco di pini e lascia alla
        sua sinistra delle abitazioni in parte dirute.
        A  quota  mt.825,  subito  dopo  aver superato una abitazione
        recentemente  ristrutturata,  si  lascia  a  destra una altra
        grande  casa, molto pulita, che puo' offrire riparo anche per la notte.
        Si  prosegue  in leggera salita per mulattiera molto incavata
        nel  terreno  sino a sbucare in una bella radura pianeggiante
        dove sul lato ad est vi e' una casa con tetto in buono stato.
        (Il  luogo  e'  denominato "Il Casin", sotto a noi vi sono le
        gallerie delle miniere! ) mt.875.
        Sul  bordo  sud-ovest  della  radura,  una  volta  vi era una
        teleferica che collegava il luogo con California: vicino alla
        teleferica  vi  era  la  costruzione  della  santabarbara ove
        veniva costudito l'esplosivo per scavare nella roccia.
        La  mulattiera  entra nel bosco di pini e dove vi e' l'invito
        a  scendere  decisamente (poco piu' avanti una vasca da bagno
        piena  di  ghiaia testimonia un antico abbeveratoio) vi e' un
        bivio: proseguendo diritti in quota (*) (il sentiero qui' non
        appare  evidente  perche' e' coperto  di fogliame ed arbusti)
        si  percorre  la  mulattiera che porta, tagliando Val Ladesi,
        in direzione della Val delle  Moneghe  (dapprima  sul filo di
        cresta, poi molto evidente e battuta taglia le coste mugose)
        Il  sentiero che gira in discesa a destra, porta in direzione
        della  confluenza  Mis-Pezzea, e' segnato con segni rossi che
        pero'  sembrano dipinti piu' da un ubriaco che da una persona
        che volesse indicare un percorso.
        Il  sentiero  che cala alle miniere e' quello che effettua in
        discesa il tornante vicino alla vasca da bagno (se e' rimasta
        emergente  nonostante  l'alluvione del ottobre 1993 allora e'
        un    riferimento  sicuro...).  Si  cala  sul  piccolo  piano
        sottostante (pieno  di  segni  rossi...) che non si attraver-
        sa ma si costeggia a  monte verso sud (sinistra) tagliando la
        costa ora  per  sentiero evidente.  In circa cinque minuti si
        giunge  alle miniere, la cui testimonianza sono tre ruderi di
        cui uno molto grande, il piu' vicino al torrente Pezzea.
        Per  giungere  all'imbocco  delle  gallerie  (murate) bisogna
        seguire  un sentiero che costeggia il torrente di fronte alla
        costruzione  diruta  piu'  grande. Risalendo per un centinaio
        di metri paralleli al torrente, si supera una costa detritica
        rossa,   evidente  materiale  di  scavo  gettato  giu'  dalla
        galleria della miniera di mercurio. Sopra ai detriti, un muro
        con  l'ingresso  della  galleria  ed  una nicchia dove vi era
        l'immagine    di  S.Barbara (ora vuota) testimoniano l'antico
        luogo di estrazione. (Galleria O'Connor)
        Un'altra  galleria  di  servizio, che era stata costruita per
        fare  defluire  le  acque che disturbavano gli scavi si trova
        circa  cinquanta  metri a sud della O'Connor, tre metri sopra
        al livello del torrente.
        Da  essa defluisce un' acqua ricca di minerale che ha dipinto
        di  rosso  tutto  il suo percorso. Basta trovare il rigagnolo
        rosso  sul  torrente e risalirlo per trovare l'ingresso della galleria "Catullo".
        Al  di  la del torrente la costruzione dalla quale si diparte
        altra galleria, unica trentina tra tutte quelle del luogo.

       (*)  Proseguendo  per questo sentiero , dopo aver superato il
            greto  asciutto  di  un torrente, si nota sulla sinistra
           una grande dolina del diametro di circa 30 mt.
            Fa pensare  allo sprofondamento del pozzo capitale delle
           miniere  situato (si capisce dalle carte) esattamente in quel luogo.

       Il  percorso  piu'  elementare  per  giungere  alle  miniere,
       comunque, rimane  quello per Sagron. Si oltrepassa il paese e
       si cala al piccolo abitato di Marcoi (Chiesa-m.941).  Si cala
       ancora  per  strada asfaltata e bianca sino ad un abitato che
       pare costruito apposta per sorvegliare le miniere. (mt.850)
       Dall'abitato si scende dapprima per sentiero a tornanti e poi
       per prato sino al torrente Pezzea che va guadato.(mt.750).


Note sulla storia delle miniere di Vallalta

La prima data sicura sullo sfruttamento dei giacimenti di Vallalta è il 1483,  quando i certosini di Vedana ebbero la concessione per lo sfruttamento minerario della  “Val del Miss” .
Dapprima veniva estratta la “marcheseta ramosa ed altro metallo” ed anche”marcheseta piombosa”
( la marcasite è un solfuro di ferro simile alla pirite) e quindi “marcheseta cinabrina” ..
Quando si trovò il cinabro (solfuro di mercurio), minerale dal quale si ricavava il mercurio allora chiamato “argento vivo” (oppure “Hydrargyrum” da cui Hg), le cose cambiarono in meglio in quanto tale minerale era importantissimo: serviva per la raffinazione dell’oro ed era indispensabile per la zecca di Venezia.
Nel 1723 (Pietro Mugna) “ …di presente vi è stata scoperta una ricca miniera di mercurio, ossia argento vivo, dalla parte di oriente vicina al luogo detto Sagron..”
Sono gallerie ancora visibili proprio sulla scarpata della sx orografica del torrente Pezzea, parallele ad esso, quindi in Tirolo.
Fu così che le miniere, dopo varie concessioni che si rinnovavano ogni cinque anni, nel 1740 passarono di proprietà nientemeno che del 114° Doge di Venezia, Luigi Pisani e così la miniera di mercurio di Vallalta divenne la “Miniera Pisani” o “miniera del Doge”, in seguito chiamata “Miniera di S.Luigi”
Alla morte del Doge la proprietà passò ai figli.
Non mancavano razzie del materiale da parte dei ‘furbetti’ che venivano  attirati da tale estrazione:
“…far estendere diligenti perquisizioni non permettendo che da alcuno si ponga mano nelli suddetti lavori fuori che da quelli sono destinati in attuale…”

Le attività estrattive del Pisani cessano nel 1768 probabilmente per la scarsa estrazione e per i costi di trasporto del cinabro. Una intelligente modernizzazione venne attuata da Giacomo (Jacopo) Nani nel 1725 che portò alla riattivazione di tutte le miniere con la distillazione in loco del minerale riducendo drasticamente i costi di trasporto. La distillazione avveniva mediante calce in storte di ghisa (recipienti particolari) fatte arrivare da Marco Carburi, allora professore universitario di chimica a Padova .
La miniera del Nani si trovava vicino a quella abbandonata dei Pisani, ed inizialmente, orientata ad est, misurava 15 passi. Nelle descrizioni più recenti del giacimento, risulta che la galleria Nani, lunga più di cento metri, era posta ad un livello più superficiale di circa 15 metri rispetto alla galleria Pisani, con cui era comunicante. Entrambe le miniere lavoravano sullo stesso filone di minerale di cinabro.
Vi furono pure contrasti sui confini delle concessioni ed esiste abbondante documentazione che riguarda le famiglie Pisani e Nani verso la fine del 1700. (archivio di stato di Venezia)

“…Sono fatte in ghisa le due scudèle da mercurio provenienti da Vallalta, ancora visibili presso i Mori e in ghisa era anche una terza scudèla, ora scomparsa, lasciata abbandonata fino a qualche anno fa lungo il sentiero fra Coltamai e Botter…”

Il mercurio verrà usato in seguito anche per strumenti scientifici come termometri, barometri, e poi anche nel settore elettrico, medico, astronomico.
Le miniere di Vallalta continuarono a funzionare pressoché ininterrottamente dando sostentamento a moltissime persone con la nascita del paese di California sino all’anno 1963 quando furono definitivamente chiuse. California venne completamente distrutta dall’alluvione del 1966.


FRANCESCO LAVEDER - Antiche miniere in Alta Valle del Mis, Archivio Storico di Belluno Feltre e Cadore (ASBFC), LXXXIII (2012), n. 350, pp.169-204.
FRANCESCO LAVEDER  da: Fra Cristoforo, La certosa di Vedana. Appunti storici, ASBFC, XI (1939), n.64, pp. 1098-1100
PIETRO MUGNA – Dell’Agordino –Cenni storici, statistici, naturali, Venezia, Tipografia del Commercio, 1858   pag.pag.51 – Rist.anast.Nuovi Sentieri, 1972
      DARIO DE NARDIN -  Notizie di Vallalta e della sua Miniera di mercurio – Agordo CAI sez.Agordina ‘Matiùz’ pag.42 -2001


I toponimi Mori, Pattine, California

Già prima del 1600  insediamenti umani alla confluenza del torrente Pezzea con il torrente Mis erano prevalentemente funzionali all’attività di estrazione mineraria. Essa richiedeva, oltre alla manodopera di miniera, anche la fornitura di legname. Serviva legname per baracche, ponteggi e travature, carbone per il riscaldamento, la fusione e distillazione dei minerali; Anche le attività pastorali ed agricole erano svolte per il sostentamento locale. Il collegamento carrabile era sostanzialmente quello verso forcella Franche, ma non per il ponte di Titele bensì per la mulattiera  di Botter-Coltamai.
Quando il territorio di Gosaldo , tra 1750 e 1800 contò più di tremila abitanti, determinò un proliferare di toponimi derivati dall’onomastica (cognomi, nomi propri, diminutivi, nomignoli e soprannomi)
La carta del Von Zach del 1798 attribuisce a tutta la zona a sud del Mis il toponimo “Patina”, mentre il  S.Claut, riferendosi ad una cartografia dell’agrimensore Argenta del 1790 riporta:

“… un altro insediamento di una certa consistenza è quello dei fratelli Masocco, detti ‘Pattina’ sopra la miniera…”

Più ad oriente si trovavano le case di Marco da Ren,  Un gruppo di abitazioni acquisirono il toponimo di “Mori” quando “Margherita Masoch dei Mori” si trasferì in quel luogo.
Il toponimo ‘California’ che a molti può apparire curioso, è opera del capofamiglia dei “Mori” di Pattine: egli andò in California (USA) nella famosa corsa all’oro del 1848. Ritornato ed insediatosi nella zona di Pattine, aprì nel 1890  la “Osteria alla California” che diede il nome all’agglomerato di case.

VON ZACH -1798-1805 -Il ducato di Venezia nella carta di Anton Von Zach –Editore Fondazione
                      Benetton-Grafiche Bernardi Pieve di Soligo ,Tv-2005
SERGIO CLAUT Le Dolomiti Bellunesi - estate 1987 – Contributo alla cartografia bellunese pag.45
TITO DE NARDIN, GIOVANNI TOMASI, I nomi dei luoghi della Conca Agordina. Agordo, Gosaldo, La Valle, Rivamonte,
                                   Taibon, Voltago-Frassenè. Etimologia e storia, Belluno, Nuovi Sentieri, 2011,  p.62, 69.
GIULIO NAZARI – Dizionario Bellunese-italiano -1884 – Ristampa anastatica Arnaldo Forni Editore 2012


IGM rilievi del 1948 1:25000 -Gosaldo-

La fine di California

Nei primi giorni del novembre 1966 piovve ininterrottamente e fittamente come mai si era visto, i torrenti si ingrossarono ed alla fine esondarono tracimando ghiaia, fango ed alberi divelti.
Tutta la provincia venne colpita, in particolare molte località si trovarono isolate perché le strade, ad ogni rivo, risultavano impercorribili. Se non con trattori o ruspe, quando andava bene si riusciva a passare con qualche campagnola dei Viigili del fuoco, dell’Esercito, del Corpo Forestale, tutti impegnati nell’opera di soccorso. I telefoni non funzionavano, Il Soccorso Alpino  procedeva a piedi per poter fare un rapporto sullo stato delle cose. In moltissimi luoghi era interrotta la corrente elettrica. La strada della Val del Mis non esisteva più, mangiata per chilometri dal torrente, Gosaldo era ridotta ad un ghiaione tra le case, Cencenighe lo stesso e perdippiù con il cimitero divelto dal quale uscivano ossa, mentre dalla birreria del centro piena di ghiaia ogni tanto saltava fuori una bottiglia per quelli che scavavano.

Il torrente Pezzea ed il torrente Mis avevano la loro confluenza in località California, per fare capire come era ridotta quest’ultima, si immagini qualche muro ancora in piedi che sporga da un grande ghiaione pieno di schianti, tubi metallici delle miniere, lamiere. Strade laterali al torrente mangiate completamente. Questo fu il panorama visto dai soccorritori giunti a piedi scavalcando gli alberi abbattuti. La popolazione si era salvata ma California era distrutta completamente come anche la strada della dx orografica e ponte di Titele.

Nel 4 novembre 1966, a California (672 m.) abitavano circa 150 persone (le miniere erano ormai chiuse definitivamente dal 1963) funzionava un albergo ed ogni giorno faceva tappa la  corriera di linea. Oggi chi volesse visitare il luogo dove si ergeva California troverebbe solamente ruderi con muri abbattuti ed una rigogliosa vegetazione che nasconde ed avvolge  i resti.



    LA METAMORFOSI DEI TOPONIMI

 
    Nell'estate  1987,  Sergio Claut,  rocciatore  e  scrittore della
Sezione   Feltrina   del   CAI,   pubblicava   su   -Le  Dolomiti
Bellunesi/1987  nr.18  pag.45-  alcune mappe  manufatte risalenti
all'agosto 1790 e rappresentanti la zona di Campotorondo, Erera ,
Brandol, Cimia.
    Queste   mappe,   da  lui  ricercate,   furono  rispolverate
dall'Archivio  Capitolare  di  Feltre  nel  volume  29.
    Esse sono interessantissime, anche perche' evidenziano molti
toponimi delle  zone considerate,  mettendo fuori discussione
antiche  e  comiche polemiche
sulla loro esattezza e sulla loro origine.

Ritaglio di cartografia 1790-Domenico Argenta: Nattern in tedesco significa colubridi, serpenti.
 
    E'  curioso notare  come,  ad esempio,  Erera un tempo fosse
chiamata Arera e come Brandol (IGM-1966) venisse chiamato Branzol nel 1790
e quindi Brendòl negli anni 1970...
    Il toponimo  Piani Eterni non  si trova alla fine  del 1700,
pero'  esisteva un 'Pian Nattern' ed una casera di 'Pian Nattern'
che sorgeva tra il  M.Cimia  ed  il  M.Mondo  (questi  ultimi due
toponimi sono giunti intatti ai nostri giorni).
    Viene  da  pensare  che  tra  il  vecchio  'Pian  Nattern' e
l'odierno 'Piani  Eterni'  possa  esserci un  collegamento dovuto
magari ad una serie di  banali ed insistenti  storpiature che, se
possono capitare  ai  nostri  giorni,  a maggior ragione potevano
capitare alla fine del 1700 dove tutto veniva trascritto a mano e
le persone erudite erano poche. (Nattern in tedesco significa rettili al plurale)
    Sulle mappe in oggetto si legge:  ARERRA - ARERA - CAMPIGOLO
DI  ARRERA....  ed  e'  opera di  una sola  persona, il topografo
Domenico Argenta, il quale giustamente dal suo punto di vista,  
dava piu' importanza alle triangolazioni che alla esattezza delle denominazioni.



TRAVERSATA DELLE PELSE DALLE CRESTE DI CIMIA ALLA
EX MALGA DI AGNELEZZE.



                               
                                 Il ricovero con muro di pietre visto da sud verso il Col D'Oregne




Dalla costa del Col d'Oregne: i tracciati che salgono al passaggio per Cimia , il luogo dell'Abisso ed il ricovero.
Il passaggio ha coordinate UTM  33T 269140  5115800 a mt.1976

Viene descritta la via piu' diretta. In caso di nebbia seguire le creste.
Si  tratta  di  un  persorso  non  segnato,  su  terreno  carsico
accidentato.  La  descrizione  viene  fatta  dal  passaggio delle
creste di Cimia sottoi  quota mt.  1986 IGM (sopra alla gusela della Val
dei Burt) in direzione da sud verso nord.
Non bisogna farsi trarre in inganno da falsi sentieri  che
sono  solo  stratificazioni  rocciose  orrizzontali  ricoperte di
erba. (Prabello-Col D'Oregne)

M.Mondo e creste del Col della Fontana dalle Pelse


Dalle Pelse verso le Agnelèze a Dx il M. Prabello

Dalla  forcellina  di  quota mt.1986  si punta verso  un evidente
prato  rotondo circondato  da  una fascia di rocce  ad anfiteatro
giu'  verso nord, scendendo per sfasciumi una quarantina di metri
ad ovest della cresta.
Si perviene al  bel pascolo dove,  in una caverna  addossata alla
roccia e' ricavato un ricovero con un muro a secco. mt.1854.
Questo  ricovero e' un buon tetto in caso di improvviso maltempo.
Si risalgono le  roccette  immediatamente a  destra del ricovero,
poi si traversa a sinistra per terreno carsico una cinquantina di
metri e si punta in direzione della cresta erbosa che  cala a Sud
del  Col D'Oregne,  cercando di transitare  dove le mughe  sono meno abbondanti.
Da qui  si  obliqua  verso  la  cresta  in  corrispondenza  di un
cartello della forestale abbattuto sopra ad un masso.
Si perviene sulla cresta erbosa del  Col D'Oregne che si  risale fin
quasi sotto alle rocce rosse. (mt.1950)
Si traversa  verso ovest sotto alla  fascia  di rocce  e si punta
verso  una forcelletta (quella piu'  ad est,  sottocroda) a quota
1990   circa,  salendo  sul  margine  destro  degli  sfasciumi  e
rasentando le rocce in prossimita' di una nicchia di roccia.
Sulla forcelletta si puo'  godere tutto il  panorama delle Pelse,
Agnelèze,  la cresta pratosa del  Prabello e la cresta  del Col
Dorin che presenta una evidente forcella tra le due cime.
Si attraversa  a nord-est per  terreno carsico in  discesa fino a
portarsi 50  mt.  sotto alla forcella che separa le  due cime del
Col D'Oregne,  poi si traversa in senso inverso verso  ovest  fino a
dove il terreno roccioso lascia il posto a collinette  mugose, in
pratica fino al margine ovest del terreno roccioso.
Si punta dritto in direzione della cima  delle  Agnelèze (nord)
seguendo una grande frattura del terreno con piccoli saliscendi e
superando una valletta pietrosa (a sx)  con una caverna piuttosto
grande che puo'  offrire riparo, e poi un bel prato che si lascia a sinistra.
Si sale  fino ad una forcellina  che lascia  intravedere la malga
delle Agnelèze;  poi si traversa sottocroda e si  oltrepassa il
vallone che sale alla forcella omonima.
Diagonalmente  e poi in  leggera discesa fino  al grande roccione
(puo'  offrire  riparo  dalle intemperie)  dove e'  sita la bella
fontana delle Agnelèze.
Poco sotto alla  fontana,  tra le  alte  ortiche,  i ruderi della malga.

ore 1.45 circa   dislivello circa 200 mt. (saliscendi)
Acqua da neve nelle profonde doline anche ad agosto inoltrato.



"PELSE" : Etimologia della parola.

Forcella  Pelse,  Cantoni di Pelsa.....  questo nome compare piu'
volte  in localita'  diverse ed ha suscitato l'interesse  di vari
linguisti  quali  il  G.B.Pellegrini,  il  Battisti,  l'austriaco
FinterWalder e l'Hubschmid.
Dagli studi di queste  eminenti persone,  sembra che dal pregreco
PELLA  (pietra)  si  sia passati al  PEL-SA ,  che sarebbe vicino
anche al tedesco FELS.
L'Hubschmid accenna ad  un preromano PALLA  (Roccia a strapiombo)
vicino anche al bavarese PALFE.
Il Pellegrini nei suoi studi,  attribuisce il nome  ad una lingua
che Egli  definirebbe "Venetica",  cioe'  il  parlato  dei veneti
nel'epoca preromana.
Quindi quando si parla di pelse,  dobbiamo andare con il pensiero
alla pietra, alla roccia.
La  zona  delle Pelse,  tra l'omonima forcella  e  le  creste del
Prabello  ed   il Col D'Oregne,  sono infatti  una  zona carsica,
tutta dirupi e rocce  modellate dai fenomeni  carsici e glaciali,
inpervie  da  percorrere  ma molto suggestive per  l'infinita' di
disegni e cesellature che  si presentano a chi  attraversa questi
luoghi che molto lentamente vanno ricoprendosi di mughe.

Bibl: Oronimi Bellunesi, Fondazione G.Angelini-Centro Studi sulla
Montagna- Quaderno scientifico nr.2 -Maggio 1992)


       PIANI ETERNI: ABISSO PE-10                                     


                      
Ingresso dell' abisso sovrastato dal Col D'Oregne

       Nell'agosto 1989 un gruppo speleologico unito di Valdobbiadene
       e Feltre scende un grande crepaccio per 30  mt. e scopre varie
       diramazioni, di cui una in discesa tra roccia e ghiaccio.
       La grotta viene denominata PE-10  , cioe' la decima grotta dei Piani Eterni.
       Al 1991  sono stati utilizzati per queste esplorazioni piu' di
       2000  metri di corda e la cavita' PE-10 e' stata esplorata per
       oltre  800   metri   di   profondita'.   All'Agosto   1993  le
       esplorazioni continuano.
       L'abisso  viene disceso nonostante  la presenza di  una grande
       cascata,  in piu' riprese e con permanenza all'interno di piu' giorni.
       Assieme alla  voragine  V-35  esso e'  la grotta piu' profonda
       delle Dolomiti mentre la PE-10  e' la piu' profonda del Veneto
       ed ancora promette di scendere.
       
       NB:  Su "Le Dolomiti Bellunesi" Natale 1991 vi e' un resoconto
       in anteprima della esplorazione,  dove per evidenti motivi non
       si cita il luogo ove sprofonda l'abisso.
La coordinata UTM è: 33T  269037   5116369   m.1867


La Val dei Burt con le Cime di Picòla viste dal bordo est dei Piani Eterni


Dal bordo est dei Piani Eterni verso la Val dei Burt -  Picòla con 'I Frare'
e la Gusela Marini (Gusela della Val dei Burt)


                    LOCALIZZAZIONE DELL'ABISSO PE-10
                                                     
       Sulle  creste  che  congiungono  il M.Cimia (mt.2051) ed il Col        
       Dorin  (mt.2110),  si  apre  una  spaccatura  della  roccia  su        
       terreno  carsico a quota 1895 mt. circa. Questa voragine rimane        
       circa    cento    metri    ad   ovest   rispetto   al   filo di        
       cresta   che  scende dal Col D'Oregne. Come riferimento si possono        
       considerare  quindi cento  metri  in  direzione  ovest  da un          
       masso    sito    sulla  cresta  SUD del Col D'Oregne dove e' stata        
       divelta  una tabella della forestale.  Sul masso rimane solo il        
       piccolo  pezzo di palo metallico cementato. (da questo punto si        
       gode  un bellissimo panorama sulle cime di Picola, Gusela della        
       Val dei Burt e lago del Mis -mt.1900).                                 
                                                                              
       Per  giungere  all'abisso  dalla  forcella  Pelse  si  segue il        
       sentiero  che  dalla  forcella, versante est, in quota perviene        
       ai  piani  eterni. Dal grande prato si rimonta verso est fino a        
       quando di vede il Col D'Oregne con le sue creste al completo.             
       Si  punta  ora in direzione della cima del Col D'Oregne (nord-est)        
       e  passando  laddove  non  vi  sono  mughe,  a quota 1867 mt si        
       perviene  all'avvallamento  dove vi e' la voragine. Essa non e'        
       visibile  fino  a  che  non  ci si trova dinnanzi, in quanto la        
       grande fessura e' nascosta dal labbro erboso e mugoso. (*)             

       Sulle  roccette  ad  est  della  voragine vi sono gli ancoraggi        
       formati  da  nr.  3  spit,  un frazionamento (spit) e' visibile        
       subito due metri sotto al labbro della fessura.                        
       (al 15/8/1993 una spedizione Feltrina continuava ad esplorare)         
       La  voragine  precipita  nella roccia per piu' di 750 mt. ed e'        
       presente  ghiaccio  nell'immediato interno.         
       Ad  est  della  voragine,  a  cento metri di distanza, vi e' la        
       cresta  erbosa  del  Col  Dorin  dalla  quale si puo' godere un        
       bellissimo panorama sulla val dei Burt e Cime di Picola.               
                                                                              
       Osservando  l'orografia  del  terreno, si puo'        
       osservare  come la voragine si apra su terreno carsico, proprio        
       in  corrispondenza  di  una  evidente frattura della roccia che        
       partendo  dal  M.Cimia,  prosegue alla base ovest del Col D'Oregne
       verso  le  Pelse.  Probabilmente  la  cavita'  non  e'  dovuta         
       solamente  al  fenomeno  carsico, ma pure a tale frattura della roccia.
                                                                              
       (*): Il punto piu' basso delle creste tra il M.Cimia ed il Col         
       D'Oregne e' a mt.1865 circa.                                              

       Da Forc.Pelse circa 30 min.                                            
Acqua  dai  neve nelle frequenti strette e profonde doline anche
       ad agosto inoltrato.                                                   



                                                   
                                                                              
                                                                              
     
                                                   
                                                                     
       ALLA EX MALGA LADESI (Laresi) DALLA VAL DEL MIS
       (Ritorno per dx orogr. della val Ladesi)

       L'itinerario  di  salita  si svolge interamente su mulattiera
       dove  anticamente veniva fatto salire il bestiame, quindi per
       traccia molto larga.    Non vi sono segni sul percorso.
       La  discesa  viene  descritta  per la dx orografica della Val
       Ladesi,  per  piccoli  sentierini  ormai  frequentati solo da animali.
       E'  un  classico giro ad anello per appassionati del "cercati la traccia... "

       Dislivello:          mt.900 circa
       Acqua:            a quota mt.1300
                               Val Ladesi sotto i 1350 mt.
       Tempo necessario :    ore 6 circa

       NOTA STORICA:
Nel    1790    l'agrimensore  Domenico  Argenta
                     raffigurava il Pian dei Laresi proprio dove ora
                     viene  rappresentata  l'ex  malga Ladesi.
                     E'  curioso  come la stessa cartografia riporti
                     la  Val  Ladesi come "La valle delle Moneghe" e
                     la  costa  ad  ovest  della  valle  come "Costa Spizza".
                     Un tentativo storico delle "Alpi  Feltrine"  di
                     Bertoldin,  De  Bortoli e Claut riproponeva nel
                     1977 gli oronimi originali, ma il tentativo era
                     stato  criticato  e  considerato tra gli errori
                     di ortografia,  mentre  uno studio storicamente
                     documentato giustifica quelle dizioni.
Questa malga nel tempo ha avuto vari nomi:

                                 Nel 1790 la zona veniva chiamata Pian dei Laresi
nella carta IGM del 1926 era chiamata Malga Ladegi, nella IGM del 1948 Malga Laresi e nelle successive Malga Ladesi. Sarebbe bello ripristinare il nome 'Laresi' che sembra il più appropriato.

        Si  parcheggia  l'auto  a  Marcuz,  in alta Val del Mis, e si
        perviene  a Pattine sul tracciato della vecchia rotabile fino
        sotto alle case del paese, poi si risale diritti la china per
        mulattiera ben battuta.(segni rosso-bianchi).
        Si  aggirano  le  case  del  paese  verso  monte, poi si sale
        diagonalmente  un  prato verso ovest, ricongiungendosi con la
        vecchia  pista  forestale  che  sale  ampia sino alle case di
        localita' "I Salt". (casa a dx ed a sx della strada) mt.783.
        (30 min. da Marcuz)

        Si  imbocca  la  mulattiera  a  destra  verso ovest, passando
        dietro  ad  un  fienile, quindi si scendono due tornanti sino
        ad oltrepassare il greto di un torrente.
        Poco oltre,  una  frana del terreno obbliga a deviare salendo
        verso monte e ridiscendendo poi sulla mulattiera.
        Si  supera  un  altro  torrente  di  circa  cento  metri e si
        perviene  ad  un  luogo  pianeggiante  dove da monte cala una
        valletta cosparsa di grandi massi.
        Questa  e' la valletta che andra' risalita. (mt.790) Alla sua
        destra,  poco  sopra  alla  mulattiera,  vi  e' un fienile in
        muratura con tetto in zinco ancora buono.
        Proprio al bivio, a monte, vi e' un faggio con un segno rosso
        sbiadito  e  tre  tacche  sulla  corteccia.  Qui'  inizia  la
        mulattiera che risale la costa.
La  mulattiera  risale la valletta per una lunghezza di circa
        trecento  metri  proprio al centro, poi, raggiunta la testata
        della  valletta,  essa  compie  un  tornante  verso ovest (dx
        salendo)  ed  e'  qui'  che  si  puo' valutare l'ampiezza del
        tracciato, con muro di sostegno e molto ampio.
        Si risale la montagna a tornanti senza alcun problema perche'
        il sentiero e' molto largo e ben riconoscibile.
        Qua e la vi sono delle Ere, spiazzi ove un tempo si produceva
        il  carbone  e  molto  probabilmente  l'ampiezza del percorso
        serviva  per  il  transito  delle  "musse"  (slitte in legno)
        cariche di carbone.
        Si sfiora a mt.1100 il greto di un rivo secco (molti spiazzi)
        ma  la  mulattiera lo lascia a destra, puntando diagonalmente
        verso  est e giungendo molto vicini ad una cascatella d'acqua
        che pero' viene lasciata sulla sinistra, in basso.
        Il  tracciato ora sale con  stretti tornanti la costa di pini
        dove  il tracciato e' interrotto da parecchi schianti di pini
        e  perviene  diagonalmente  verso est, a quota mt. 1270 ad un
        bivio  molto  evidente. (in basso ad est una liscia parete di
        roccia da dove scende una cascatella d'acqua).
        Il  sentiero  verso  est  in leggera salita porta alla casera
        Valon, scendendo nel Vallone di Campotorondo.
        Noi  seguiremo  la  mulattiera  che  sale diagonalmente verso
        ovest,  superando  degli  schianti di alberi ed oltrepassando
        molte  "ere"  fino  alla  quota  di  mt.  1400 circa, dove il
        sentiero scorre in piano, alto sopra la Val Ladesi.
        Si  traversa  in  falsopiano  sino  a  che  il  percorso cala
        improvviso giu' verso una cengia rocciosa (mt.1450).
        A questo puto vi sono due possibilita': si puo' scendere giu'
        verso  la  cengia,  che e' molto larga e bella ma presenta un
        punto  delicato (ghiaia e roccette franose) per accedere alla
        alta val Ladesi. Altra possibilita' meno pericolosa e' quella
        di  risalire sopra alla fascia di rocce sottostanti alla Cima
        della  Sella  (si risale una ventina di metri) e poi scendere
        nella valletta che  scende  dalla  cima della Sella (alta Val
        Ladesi)  per  un canalino  completamente detritico e ghiaioso
        che cala abbastanza ripido per una trentina di metri.
        I    sentieri  qui'  si  congiungono  ed  il  tracciato  cala
        diagonalmente sulla sx orografica della valletta e poi risale
        diagonalmente  molto ampio i prati che chiudono la Val Ladesi
        a sud, dove era sita la Malga Ladesi. (mt. 1450)

       NB: La guida "Le Alpi Feltrine" cita la ex malga come punto di
           transito    per  forcella dell'Omo che da qui si potrebbe
           raggiungere traversando per banche verso ovest.
           Al   1994  la  vegetazione  rende  ardua  questa  scelta.
           E'    invece  possibile  risalire  la  valle  verso  sud,
           risalendo  la  sella  della  "Costa Spizza" (La costa che
           limita  ad  ovest  il  vallone  di  Ladesi)  e da qui' e'
           possibile  sia  raggiungere una forcellina sulle creste a
           mt. 2080 ,  sia  traversare  verso  ovest  per ghiaioni e
           roccette  compiendo  la  traversata sino al vallone sotto
           alla forc. dell'Omo, senza problemi di vegetazione.
           La  sella  della  "Costa Spizza" e' a mt. 1700, cioe' 250
           mt. sopra al sito della ex malga Ladesi.
           La dizione    orografica    "Costa  Spizza"  non  e'  una
           invenzione di chi scrive ma un nome gia' usato nella car-
           tografia  del 1790 di Domenico Argenta mentre il nome non
           esiste piu' sulla cartografia attuale.


ITINERARIO DI DISCESA Dalla ex Malga Ladesi

        Esso corrisponde all'itinerario segnato sulle carte solamente
        nei  primi  cento metri sottostanti la radura dove sorgeva la
        malga.  Poi  il tracciato segue un'antico itinerario un tempo
        agevole    ma    ora,    nel  fondovalle  della  val  Ladesi,
        completamente eroso dalle acque.
        Dalla  radura  dove era sita la malga di Ladesi, si cala giu'
        diritto  per  la  costa  a  nord-ovest, mantenendosi sul lato
        sinistro  scendendo,  fino  ad arrivare ad un bel pulpito che
        domina la valle dove vi sono diverse "Ere". (mt.1400 circa)
        Si    scende   diagonalmente  verso  nord  sulla  destra  per
        sentierino  che  arriva  a  sfiorare  il bordo della scarpata
        della  Val  Ladesi,  quindi la traccia si riporta verso ovest
        e  costeggia  il greto di un rivo sino alla quota di mt. 1200 circa.
        Qui'  bisogna  seguire  la  traccia  dapprima al centro della
        valletta, poi si costeggia la destra orografica della stessa,
        scendendo  fino  alla  quota  di  mt.1150  dove  si scende la
        scarpata  vicino ad una fascia di rocce tra le mughe e quindi
        per un canalino fino nel greto della Val Ladesi.
        Sopra di noi le pareti strapiombanti del costone che era sta-
        to salito per giungere alla ex malga di Ladesi.
        La  discesa nel greto della Val Ladesi dalla costa fa perdere
        una cinquantina di metri e la direzione e' verso nord-ovest.
        Ora  si  tratta  di  scendere  il  torrente  oltrepassando la
        confluenza  con  il ramo ovest dell'impluvio, destreggiandosi
        tra rocce e massi, fino a quota mt.1025 circa.
        Qui' bisogna abbandonare la discesa per il fondovalle perche'
        essa  richiederebbe una corda e si risale qualche metro sulla
        costa  erbosa  di  destra (nord) dove un bel sentiero agevole
        e battuto  dalle  bestie attraversa diagonalmente verso nord,
        risalendo  moderatamente ed in egual attraversando sino ad un
        rivo secco dove il sentiero appare molto marcato.mt.900.
        A  questo  punto  e'  possibile  giungere alla mulattiera che
        scorre  lungo  la  destra  orografica del torrente Pezzea sia
        calando  lungo  il  greto del rivo secco, sia proseguendo per
        la  traccia  di sentiero incontrata. (essa risale la scarpata
        del rivo e poi porta giu' per il bosco sino alla mulattiera).
        La  cosa  piu'  semplice e' calare giu' per il rivo ghiaioso.
        Una  volta incontrata la mulattiera (acqua 5 min. a monte) la
        si segue lungo il percorso a valle superando la vicina casera
        del  "Casin"  e  poi  oltrepassando altre costruzioni sino al
        bivio da dove si era staccato il sentiero di salita.
        Si  perviene  a  Marcuz in circa 40 minuti dallo sbocco sulla mulattiera.
Tempo in discesa: ore 3 (dovute alle soste del sottoscritto e terreno impervio)

        Volendo compiere il percorso in salita, si tenga presente che
        il  bivio  che si stacca dalla mulattiera della dx orografica
        del  Pezzea (rivo secco) e' segnato sulle carte come sorgente
        nella sua parte piu' bassa.
        Risalitolo  per  circa 200 metri si segue l'evidente sentiero
        che lo taglia verso sinistra a mt.900.
        Si  risale  la  costa boscosa per tracce obliquando a sud-est
        fino a trovare la traccia di sentierino che perviene in quota
        sul greto della Val Ladesi a quota 1025 mt.
        (La  val Ladesi, nella parte piu' bassa presenta dei salti di
        roccia superabili solo per chi sa arrampicare 2ø-3ø)
        Si  segue  il  greto del torrente e quando esso si biforca si
        segue la sua diramazione verso est (sinistra salendo)
        Si  sale  oltre la diramazione per un dislivello di cinquanta
        metri  e  poi  si  risale  verso  la costa boscosa laddove la
        vegetazione e' meno fitta, in direzione sud-est.
        Si  sale  per  tracce  per tutta la costa tenendosi sul bordo
        destro  fino  alla  quota  di mt. 1300, poi diagonalmente per
        tracce  evidenti  si traversa sino al bordo sinistro e poi si
        ritorna verso destra sino ad un pulpito (ere) a mt. 1400.
        In  breve  si  sale per bosco sino alla radura (ere) dove era
        sita la ex malga di Ladesi.
        (Qualche  nastro  rosso-bianco  sugli  alberi, segni di mughe
        tagliate, rami spezzati)



La COSTALUNGA dalla Casera Pissa in val del Mis


Dalla alta Costalunga la strada della Val del Mis  a dx il pupito di q.990 dove passa il sentiero della Morsecca


Ritaglio da IGM 1:25000 rilievi 1948


La Costalunga vista dal sentiero della Morsecca al pulpito di q.990 m.

La Costalunga e' una costa boscosa e prativa che sale per la sin.
orografica della val Costalunga, sotto il M.Agnelezze (mt.2140)
Il punto piu' elevato e' a quota mt.1406.
Anticamente la Costalunga era sede di lavori agro-silvo-pastorali
degli abitanti delle casere di localita' Pissa (circa 30 anime).
Vi  sale  una larga mulattiera  talvolta  scavata nella  roccia e
talvolta anche massicciata.
Lungo la Costalunga vi sono i ruderi di tre abitazioni: ruderi di
muratura  a mt.682,  ruderi di  capanna  a  mt.  1000,  ruderi di
'caserin' a mt.1220. Data la vegetazione molto alta, si consiglia
di esplorare la zona nei periodi di novembre-dicembre, se la neve
lo consente.

Si traversa  il  torrente  Mis a guado (nel  1992  ancora nessuna
passerella e'  stata ricostruita dopo  l'alluvione  del  1966 che
aveva chiuso i collegamenti)  all'altezza della Casera Pissa piu'
a nord;  si risale la sponda opposta e si attraversa verso sud un
prato con recinzione di muro a secco fino al costone  boscoso che
sale dalla val Costalunga. Qui' si incrocia, proveniente da altre
abitazioni sottostanti, la mulattiera.
Si  sale  con tornanti  il  primo colle,  essa e'  molto larga ed
incassata nel suolo (segno evidente di grande uso).
A  mt.682  si  perviene  ai  ruderi  in muratura di  una casa. Si
lasciano i ruderi sulla destra e la mulattiera prosegue  20 mt. a
sx in direzione della Val Costalunga.
Si oltrepassa subito un cavo di  teleferica in disuso  ed a quota
700  mt.,  un  centinaio  di  metri  piu'  avanti  del  cavo,  in
corrispondenza di un tornante  si incontra un  bivio. Il sentiero
si stacca a sx in leggera discesa verso la valle.
Si prosegue in salita, lasciando a sx un landro (sentierino) e si
traversa a destra superando due pini con segni rossi.
Dopo aver superato ancora  il filo di  teleferica,  a mt. 935, in
corrispondenza di un tornante, un sentiero prosegue diritto ed in
leggera salita verso la val Costalunga, mentre il nostro effettua
un tornante e ritorna a tagliare la costa erbosa fino a pervenire
a mt.  1000  ad una capanna diroccata. (vi e' anche una damigiana
incastrata tra i cespugli.
Si  prosegue (la  mulattiera lascia a dx  la capanna)  fino ad un
punto panoramico  (verso la Morsecca  Nord)  ove vi sono numerosi
grossi massi sul terreno. (mt.1100 circa)
Si  prosegue  per  il  costone  tenendosi  sul  dorso  di massima
pendenza e superando il colle soprastante con  un  bel sentierino
ben pulito da mughe ma molto ripido che lo affronta direttamente.
(il sentiero  originale lo supera con un  tornante  piegando a dx
verso la val di Renzin e poi ritornando verso la costa)

Si  perviene  ad  un  bel  prato  quasi  pianeggiante  (ruderi di
caseretta con pino in mezzo a mt.1220)  e piu' avanti vi e' anche
una depressione del terreno  che  si  presta  a  pascolo,  con un
grande sasso in mezzo. Si supera la depressione sulla destra e si
supera il  colle soprastante per  larga  e  bella  mulattiera ben
pulita da mughe  che aggira diagonalmente  verso dx e  poi con un
tratto pianeggiante che scorre sul versante di Val Renzin.

NB: alla fine di questo tratto pianeggiante, conviene calarsi per
mughe volendo scendere nella alta val Renzin.

Si sale verso la costa per sentiero che ormai e' solo intuibile e
si perviene ad una selletta a mt.1385.
Da qui'  il sentiero e'  solo traccia e si prosegue in mezzo alle
mughe (alcune tagliate)  fino  alla  quota  sommitale  di mt.1400
sempre tenendosi grossomodo sul filo di cresta.

NB: Dalla sommita' della costalunga si domina la parte alta della
val Renzin,  Col Godan,  le torri delle Agnelezze, la parte bassa
della Val delle Scortegade  (val  delle Fontane)   e  la Morsecca
Nord, ma non completamente a causa di un costone vicino.

NB:  Dalla sommita' della Costalunga non e' possibile raccordarsi
con la  testata della val Renzin,  Infatti,  quella  che potrebbe
apparire una  stretta forcellina mugosa,  precipita per centinaia
di metri verso la val Costalunga e di circa 40  mt.  verso la val
di Renzin. Per accedere alla val Renzin bisogna calarsi per mughe
grossomodo dalla selletta di quota 1385 mt.

NB:  Dalla Costa  di  Renzin,  salgono  in  diagonale  due tracce
provenienti dalla mulattiera militare  che passa in  cengia a mt.
850.  Esse sono dirette verso la cengia mugosa che traversa sotto
le torri verso  la  val  delle  Fontane  (Scortegade).  Le tracce
tagliano il  rivo  Renzin  a mt.1250  e  1150  circa. Sono appena
visibili in dicembre ma anticamente dovevano essere bel larghe ed
agibili.  In tutti i casi,  scendendo  da  suddetta cengia mugosa
verso la costa di Renzin,  non vi sono problemi  tecnici, perche'
il costone e'  boscoso e non pare ecessivamente  pendente. Non vi
sono salti di croda mantenendosi sulla costa.


La Torre e le pareti est delle Agnelèze, segnato con puntini il sentiero della Morsecca (m.1550) che attraversa la banca mugosa per poi risalire il Valòn delle Scortegàde (anche Valàza o Val delle Fontane)


Foto dalla q. 1403.7 CTR della Costalunga



Torna ai contenuti